Il tempo passa

Il tempo passa, i Simpatici Simbionti restano. E si fanno pure un culo a secchio, per noi.

Ecco perché tributo a tutti loro il mio più onesto, sincero e sentitissimo grazie.

E altro che linguine all'astice: mi sa che 'sta volta mi tocca ergere il mezzo busto, per ricompensarli adeguatamente.

Raffronto Windows Mac sul campo

Stampante via Ethernet, su Windows:

-Ti prego, trova la stampante
-No
-Dai, prova coi driver aggiornati
-Vaffanculo
-Allora ti forzo io a mano
-Toccami e ti faccio una schermata blu che te la ricordi finché campi
-Ok, riproviamo coi driver
-Ecco, bravo
-Forse è il cavo? (cambio il cavo)
-Almeno ora la riconosci... Ma perché non vuoi installarla?
-Mi stai sul culo. E comunque non trovo la libreria sgnafracca.dll
-Ma a che ti serve 'sta dll? Riproviamo col cd originale,va
-Attenzione: il modulo HPmepfkWGafbausf.exe è andato in crash e ti puzza anche un po' l'alito
-Magari le stampanti non si installano né di venere né di marte
Dopo quattro ore di lavoro, cambio cavi e stampante e tanti saluti. Ora tutto funziona. Credo.

Stessa stampante, su Mac. Attacco il cavo e il Mac fa:
-Ho trovato una stampante, ti installo i driver?
-Boh, che ti devo dire, fai un po' tu ma non so se -
-Pronto a stampare, stampiamo qualcosa? Eddai eddai eddai

Sei ore della mia vita buttate al cesso per installare due stampanti su due computer. Non mi lagno giusto perché me le pagano.

L'incredibile equilibrio tra fortuna e sfortuna

In questi giorni la sfortuna è stata talmente bilanciata dalla fortuna (ok, diciamo la verità, siamo stati anche bravi noialtri, eh) che non riesco a capire se siamo fortunati nella sfortuna oppure possiamo ritenerci addirittura moderatamente fortunati, nonostante tutto.

Più tardi gioco al Superenalotto, e poi vi dico.

Alla faccia di Ercole

Dopo le dodici fatiche, Ercole non ha preparato mica le lasagne ai carciofi e zampina di Sammichele.

Io uno, Olimpo zero.

L'ultimo rotolo di carta igienica

Oggi, mentre infilavo un rotolo di carta igienica nel portarotolo in ferro battuto, un pensiero ha attraversato in un lampo la mia spina dorsale: quello era l'ultimo rotolo di carta igienica che avrei mai collocato nella Casa che Muta. E per quell'attimo ho provato tristezza.

Poi ho riso di gusto come uno scemo, perché non avrei mai creduto che un rotolo di carta igienica potesse diventare poetico.

E' semplicemente sorprendente

E' sorprendente e inaspettata la quantità d'affetto che ritorna indietro, solo per il fatto che vogliamo sinceramente bene a qualcuno. Ed è ancora più sorprendente che talvolta le soluzioni ai guai non devi neppure andarle a cercare, perché vengono da sé.

E non è importante quel litigio, o quella battuta infausta, né quella mortificazione o quello sgarro: in mezzo ai grigi casini del mondo, ci sono cose buone e persone eccezionali, solo che restano nascoste nella quotidianità e diluite nel tempo. Poi, all'improvviso e quando più ne avresti bisogno, quelle cose buone e quelle persone eccezionali si trasformano in forze poderose, e tutto diventa più semplice.
E di cose buone e persone eccezionali, io ne sono circondato.

L'addio alla casa che muta

Non era bella, ma graziosa sì. E neppure era sdegnosa, o aristocratica o dalle rifiniture dorate, però era simpatica, e leggera, ed aerosa. Persino luminosa.

L'abbiamo viziata e vezzeggiata, strigliata e piegata, e per tutto questo tempo abbiamo sinceramente creduto di poterla educare, di poterla rendere decorosa e piacevole. Di renderla sul serio e profondamente nostra, e lei per tutta risposta ha tentato di ucciderci. Lei, ed i suoi proprietari. Perché abbiamo dimenticato non soltanto che lei non ci appartiene, ma che le case, come le persone, non cambiano mai.
La Casa che Muta è stato il luogo, nell'ultimo anno e mezzo, in cui le amarezze venivano lenite, in cui la stanchezza d'un giorno di lavoro trovava conforto ed appagamento. Pur con tutte le sue piccole storture (che d'improvviso mi riescono insopportabili), era la plaga della buona cucina, dell'occasionale partita a Catan, della musica al pianoforte, e non per ultimo era fonte di ispirazione e scenario di tanti miei racconti.
Dire addio alla Casa che Muta fa male, e porta con sé una quantità inimmaginabile di questioni da dirimere, e spese, e ci sbatte in faccia i veri problemi, i sotterfugi sociali, gli aiutini di cui non potrò mai godere, ed infine tutte le mie debolezze. Così, mi accorgo ancora una volta della bambagia, di quell'aria rarefatta e felice che m'avvolgeva e di cui i Simpatici Simbionti - scopro ora - costituivano solo una parte.
Vorrei dire a me stesso che non è così. Vorrei convincermi che la Casa che Muta in realtà siamo noi stessi, e che la porteremo con noi dovunque andremo; ma sarebbe una bugia, e lo so bene.
Si cambia vita, d'ora in avanti, e sono già un po' più cattivo, più diffidente e prevenuto. Insomma, sono un po' meno me stesso.
Il fatto è che non posso più permettere alla mia gentilezza, alla mia comprensione, empatia, pietà di ostacolare, anche per un solo attimo, i nostri interessi, il nostro bene, la nostra felicità.
Qualcuno dirà che sono diventato veramente adulto. Io dico che è una fregatura e basta.
E allora, vaffanculo tutti. Vaffanculo quelli che riescono ad essere infelici nonostante gli aiutini, vaffanculo quelli che i problemi non sanno manco cosa sono, e vaffanculo a quelli che sii sereno e tutto si risolve. Io tutto quello che ho costruito me lo sono guadagnato, e la mia vita l'ho scolpita nel granito grattando via le unghie.
Ne sono orgoglioso, certo, ma sembra sempre troppo poco e troppo tardi.
E d'improvviso, ho la spiacevole sensazione di essere tornato al punto di partenza. Solo che ora si fa sul serio.

Un sabato di merda

Ieri è stato un pomeriggio di merda, all'insegna dell'impotenza.

Non sessuale, direi, e ci mancherebbe pure.
Impotenza perché se sei circondato da collaboratori inetti, il frutto del tuo lavoro sarà sempre scarso, nonostante l'infinita attenzione, la passione e la scrupolosità.
Impotenza perché volevo fare di più, e semplicemente non avevo con me gli strumenti necessari, né una macchina clonatrice per inviarmi in più zone d'Italia contemporaneamente.
Impotenza perché ieri, chi amo più di tutti poteva ferirsi gravemente, senza contare quel che poteva capitare a me, o alle mie cose. E questo non è tollerabile, a maggior ragione se, ancora una volta, a causare tutto è l'inettitudine, l'incoscienza e la scelleratezza della gente.
E niente litoti: è stato un sabato spudoratamente di merda.

Un'altra (disgustosa) verità

Alcuni di noi hanno più possibilità d'intonare un la maggiore col culo per sbaglio, che attraverso una ponderata strizzata di corde vocali.

Amen

Una bella notizia e una dura verità

Dopo le mie belle soddisfazioni sul lavoro accadute solo ieri, il piccolo saggio nella mia testa ha partorito una grande verità. E' sorprendente la quantità di successi e cose belle che è possibile ottenere anche senza un paio di tette, se solo si è competenti, onesti e perseveranti. Purtroppo però, la botta di culo resta un titolo necessario ma non sufficiente allo sviluppo delle cose future: poi, o c'è la competenza, o le tette.
E' la dura e cruda realtà, baby, e non maschilismo da quattro soldi. E poi, mica è colpa mia se molti uomini non hanno le tette.

Casa, amore e salmone

In una casa, e in una relazione, è uno stronzo chi compra il salmone marinato per tre volte e per tre volte non resiste e se lo pappa tutto (e vorrebbe pure mandare un ilare SMS con su scritto tesoro ho due notizie, una buona e una cattiva. La buona è che il salmone è spettacolare; la cattiva che me lo sono finito tutto di nuovo).


Sia ascritto a lettere d'oro nel Libro del Tempo. Quello stronzo sono io.

La Supercolf

La Supercolf è una donna eccezionale. Pulisce tutto due volte, per essere sicura di non tralasciare neppure la più piccola particella di lordura, ed è letteralmente instancabile: con mezza tazzulella di caffè va avanti otto ore senza indugi né tentennamenti.

Il suo armamentario è imponente e lucido come quello d'un intero esercito, e contempla un'ampissima selezione di acidi e solventi, ben otto varechine in altrettante varianti di profumo, alcol etilici a tre diverse gradazioni, kili di cera d'api per i mobili, lucidanti per l'acciaio e litri di brillantante con cui, per non sapere ne leggere e scrivere, ci fa pure gli sciacqui la mattina. L'alito non sarà un granché, ma le viene un sorriso da pubblicità del fustino Dash.
Stracci convenzionali, stracci non convenzionali, panni daino e una incredibile varietà di spugne e spongette abrasive sono la dotazione standard, ma talvolta non basta. A differenza della Luisa, che arriva presto và via presto e non lava il water, la Supercolf arriva presto, la devi cacciare a calci alle dieci di sera altrimenti non andrebbe mai via, e una volta il water se lo è smontato e portato a casa sua. Diceva di non essere riuscita a trovare un microscopio a scansione per controllarlo e chi mi garantisce che non ci stanno perfidi nemici dell'igiene tra le molecole di ceramica? Va' a sapere, voi giovani chissà che ci fate dentro i cessi oggigiorno.
Insomma, sono molto soddisfatto della mia Supercolf: è uno dei miei personaggi più utili, invidiabili e necessari, sebbene tristemente piatta e un filo cliché.

Ora debbo solo trovare il modo di farla diventare vera.

Pensieri a lavoro ovvero distonia corale

Cielo grigio e pensieri azzurri, mentre lavoro e penso ad altro e nel contempo riesco anche a pensare che dovrei smetterla di pensare a tutt'altro invece di lavorare. E così, mentre mi concentro sul lavoro, penso a cosa voglio per pranzo, ai maltagliati che ho intenzione di saltare in padella per cena, alle scuse che accamperò per non andare al pranzo di quel tipo, a quanto potrebbe suonare innaturale e stentata questa scusa, alle scuse che dovrei fare a mia sorella per il broncio che le ho tenuto per il mio compleanno, alla sera del mio compleanno, a quant'è cambiato quel locale rispetto a qualche anno fa, a quanto eravamo più giovani e a quant'è giovane uno dei responsabili di una società per cui lavoro. Al che, d'improvviso, mi sovviene che dovrei lavorare invece di grattarmi la pera così.

Ma poi mi viene voglia di succo alla pera, e ripenso agli shot di rum e pera che facevamo a San Lorenzo al tempo dell'Università, alle risate che mi facevo sul prato della facoltà di Lingue con gli amici e - toh - è uscito il sole.
E si ricomincia. Ma poi lavoro, eh.

Il biologo malaccorto

Questo biologo malaccorto ch'io mi so è mentalmente ragioniere e casinista nell'animo: riesce a mettere su una slavina di stoviglie sporche per fare due uova al tegamino, però guai a scombinargli l'ordine nel cassetto dei calzini (disposti rigorosamente in digradante tonalità di colore). Pelandrone e arraffazzone per certe cose (di solito quelle importanti, vitali o imperative), per certe altre è meticoloso e pignolo, persino maniacale, ma soltanto con quelle faccende che nessuno si caga.

Eppure, dopo una laurea fortunosa, insospettabili capacità didascaliche, un bollino blu insperato, un inspiegabile tirocinio e alcune interessanti (ma paranormali) proposte di lavoro, forse qualcosa che non va c'è davvero, e non sta nel biocasinista. Forse, il giudizio che il mondo intero gli ha affibbiato andrebbe rivisto. Forse, la facile ironia che spesso si attira è, per l'appunto, facile.

E' con immensa delizia ed infinito senso di rivalsa che affermo, quindi, di esserne pienamente ed ufficialmente orgoglioso. E adesso il quadretto è veramente completo: a modo nostro, noi Simpatici Simbionti siamo proprio dei fighi.