Elegantemente a tavola

Cena con suoceri et familia al seguito.
Esterno: amena località tra via consolare e campagna romana di virgiliana parvenza; interno: luce volumetrica rosa salmone, stucchi, enormi quadri floreali un tanto al chilo che pendono dalle pareti, e in fondo alla sala da pranzo un monumento al camino che poteva accoglierci tutti. E invece, abbraccia braci che ghermiscono il porco, il maialino da latte, il simbolo del ristorante. Che infatti è sardo.
Già all'entrata, scena da Totò e Peppino. Il tizio in divisa che fa da spartitraffico spartigente parcheggiatore e maggiordomo ci invita a entrare tra svolazzi di s'accomodino e arabeschi di pregosignori. Noi, che da cafoni quali siamo ci domandavamo se fosse un abusivo e se avremmo dovuto versargli l'obolo, ostentiamo sicumera ma sottosotto stringiamo il borsello.
Una volta all'interno, un nugolo di camierieri disneyani inizia a vorticarci attorno e ci denuda di cappotti e borse. Che classe signora, prego signori, che eleganza il signore, orsù vieppiù charmante. Non c'entra un tubo, ma forse ci tenevano tanto a farci sentire nababbi.
Se i signori vogliono seguirmi al tavolo, elegantemente.
A parte che quello è evidentemente il nostro tavolo, dentro friggo al pensiero di sapere come ci si avvicina elegantemente ad un tavolo. O forse, comprendo meglio mentre la serata scivola tra gli antipasti, elegantemente è solo una interiezione. Tipo cavolo!, pofferbacco!, caccapuzza!, solo meno prosaico.
Non è chiaro come accada, fatto sta che delicatissimi piatti si materializzano davanti a me, e il mio calice è sempre pieno di buon vino rosso, di quelli che sporcano il bicchiere e mettono le ali tipo redbull. Lo sformatino di melanzana al lardo di colonnata e tartufo, la carta da musica appena fatta, la mortazza (traduzione per polentoni: la mortadella) fritta col miele, e i pecorini dolci, e quelli stagionati, e le stille di scamorzetta col lardo di colonnata scottate al camino, e i cosi che chiama brunoises di cui ignoro origine e preparazione. Quando mi presenta i fleurs de courges avec poisson e mosarèll tutto finalmente è chiaro. Questi prendono per il culo e cucinano pure benissimo.
E vai di meravigliooosa trilogia di gnocchetti sardi serviti nella forma di pecorino, eccezionaaale maialino al forno croccante (la cui digestione è tutt'ora in atto), un elegaaante ciuffo di chicorée sauvage ripassé, e poi dolci curiosi e ipercalorici, nonché l'immancabile mirto.

Scommetto che vi è venuta fame.
A me no. Io sto ancora digerendo.
Vado a farmi un'altra tisana al finocchio.
Buona vita.

Vuoti a perdere

Alcuni di loro sono vuoti come putti di gesso: c'è più anima in una fagiolina del Trasimeno che in tutte le fibre del loro corpo. Servi per vocazione e proni per scelta, non servono a nulla che abbia un significato importante. Anzi, nella loro visione delle cose solitamente elevano a Storia ogni rigurgito della propria patetica esistenza: e come fai a sopportarne la mediocrità ed il lassismo quando se la sono cercata? E come fai a perdonarli se sono pure spocchiosi?

Ma la colpa più grande di tutte è probabilmente la loro insussistenza; nascono come pedine segnaposto su di uno scacchiere infinitamente più grande di loro e che ignorano. Sono masse di bellissimi gingilli di vetro intercambiabili e privi di vero amor proprio. Non è soltanto ignoranza e abbrutimento che li ha contagiati, è proprio che sono convinti di fare a sufficienza ovunque sia necessario.

Ma il vero imbroglio è quando qualcuno meno narcotizzato di loro si accorge di come funzionano le cose e se ne serve per il proprio tornaconto. Dispone di quei poveretti come meglio crede, e non soltanto ne sono contenti, ma lo rivendicano pure.
E allora ci vuole così tanto coraggio per rubarli all'orbita del nulla in cui gravitano, che a noialtri passa la voglia, per non dire l'entusiasmo.
Mica uno è eroe, solo perché ci vede meglio di un altro.

FDM, ovvero fuga dal mondo

Sono qui ma non ci sono.

Mentre lavoro, rileggo otto volte ogni frase perché il rischio di scrivere boiate è superiore alla MCG (Media di Cazzate Giornaliere, concessa a norma di legge) e poi va' a finire che i miei lettori -specializzati in SMC (Scassamento Maroni Collettivo, propaggine parasindacale molto diffusa nella blogosfera)- inizino a rompere più del solito sul font nel titolo non a norma col piano regolatore di Roma, o perché l'argomento trattato è contemporaneamente stupido/inutile/utilissimo/di parte/generico/troppo specifico/troppo pro-Apple/troppo anti-Apple. 
Giudizi che solitamente arrivano da più parti sulle medesime parole, e che dimostrano un fenomeno che non comprenderò mai, vale a dire la propensione del pubblico verso sfumature che non abbiamo mai inteso scrivere, a discapito delle enfasi volute ma passate inosservate.
Sarà colpa della SRC, la temutissima Sindrome da Rincoglionimento Catodico? O magari è solo che la gente, sottosotto, è un po' rompiscatole. Va' a sapere.
Di buono c'è che tra qualche ora mi aspetta una fuga dal mondo in una SPA sul Trasimeno che promette di sciogliere ansie e preoccupazioni tra i vapori di un intimo hammam e le bolle di una invitante vasca idromassaggio.

Non so esattamente cosa si nasconda dietro la parola SPA, ma nella mia personalissima declinazione l'acrostico è molto evocativo: Solo Principalmente Sesso. E ci rivediamo lunedì.
Buona vita.

Non c'è niente da fare

Non puoi sbagliare, se tuffi trofiette fresche in un freschissimo pesto siciliano fatto al momento col basilico appena colto, la ricottina biologica e l'olio di frantoio. E come fa a venire asciutto un generoso taglio di girello se lo cuoci né troppo né poco in tanto latte fresco, speziato appena di ginepro? Ristretto quel tanto che basta, ti fa un'amabile salsetta che se abusata dà assuefazione e fa cambiare parrocchia pure ai vegetariani.
E che dire dei delicatissimi involtini di melanzana gratinati e bagnati appena in un sughetto alla pizzaiola che fa della modestia la sua virtù? Con una cena così manca solo un bel Chianti riserva speciale ad irrorare il tutto, e la perfetta conclusione d'una preziosa millefoglie alla chantilly imperlata di gocce di cioccolata che non ho resistito e me ne sono fatto fuori un'altra fetta prima di andare a dormire manonditeloingiro.
Se poi a fare (quasi...) tutto c'è una dolce metà che per l'occasione ha pure riordinato la cucina, che vuoi di più? Sì, loro, amici eccezionali con cui condividere il desco (leggasi, scroccare). Gente meravigliosa e dotata di tripli filari di denti come i pescecani, in grado di scarnificarti la carcassa di un tavolo imbandito in meno di un'ora. Gente che mi conosce profondamente e che mi vuole bene, cui non potrei mai rinunciare.

La fregatura è il giorno dopo, allorché digestione laboriosa ed eccessi mi hanno ridotto alla reincarnazione di uno straccio, e ho solo trentun'anni. Figuriamoci a sessanta.

Superbia da genetliaco

Una volta per me non c'era differenza tra un trentunenne e un bovino fossile del cretaceo inferiore: attempati e distanti mi sembravano i primi, puzzoni e inutili i secondi. Nella mia curiosa visione delle cose, un trentunenne era già un peso sociale, uno con ancora in bocca il sapore della gioventù e la consapevolezza d'esser già proiettato verso morte, sfacelo e decadimento. Al massimo era buono per il ripieno degli involtini cinesi, ma quelli peggiori.
Poi, una mattina piuttosto ventosa ti alzi e ti accorgi che trentun'anni ce li hai tu, e da quel momento la soglia per il decadimento la morte la disperazione eccetera eccetera slitta automaticamente a quarantuno e fai pure il vago. Sì, certo, devo comprare casa, rendere più stabili le occupazioni, mantenere fulgide le relazioni diplomatiche coi suoceri e mettere da parte i soldi; ma in realtà, la mia vera preoccupazione, la materia che attanaglia le mie ansie da mesi riguarda tutt'altro: riuscirò a restare in piedi sulla tavola da snow dopo tutti questi mesi di privazione nevose? Ecco, da fuori sembro serio. E' dentro che mi frego da solo.
E poi, la vogliamo finire o no con questa storia che uno, il giorno del proprio compleanno, si deve svegliare  come se niente fosse, deve lavorare come se niente fosse e starsene a casa come se niente fosse perché quest'anno capita in un giorno lavorativo? Stamattina la dolce metà ha approntato un incommensurabile CD con tutte le varianti di Happy Birthday dal 1204 a oggi, compresa l'inedita versione che Jacqueline Onassis cantava sotto le lenzuola a Kennedy pensando di non essere registrata. Ma non basta.
Io nel giorno del proprio compleanno voglio veder riconosciuto il diritto mondiale al fancazzismo. E' un segno di civiltà ed etica, prima di tutto, ma sopra ogni cosa è un diritto universale, inalienabile dell'uomo e le ragioni di ciò sono di per sé evidenti. Il giorno del proprio compleanno, ognuno dovrebbe avere il diritto di andarsene ad Antigua a fare il bagno, o magari a Lima, se ha voglia di mangiare i platani fritti.

In attesa che la politica faccia il suo corso e che a Bruxelles ratifichino la cosa, mi porto avanti col lavoro. Sono le 10:00 e stamattina non ho ancora fatto una benamata mazza, a parte questo ridicolo post.
Sono troppo avanti coi tempi.

L'ellissi della malattia

Non c'è niente da fare.
Non riesco a trovare uno straccio di medico disposto a dirmi che sto male, neppure a pagamento. Come si fa a guarire se neppure i dottori riconoscono il tuo disturbo? Essere malati, diceva qualcuno, è la condizione per poter guarire, dopotutto.
Va bene, mi arrendo: non sto morendo, il mio cuore sta benissimo e c'ho fanterie di leucociti sellati che scalpitano e spiezzano i virus in due. C'ho un battito così preciso che ieri m'hanno chiamato dal CERN di Ginevra per ringraziarmi: dicevano che è merito mio se si sono accorti che il loro orologio atomico era un po' sfasato. Il cardiologo, col tracciato dell'elettrocardiogramma, ha controllato se i muri dello studio erano a squadra.
Insomma meno male, era solo un mio ghiribizzo, un ticchio, una finzione. Lei deve solo stare sereno, mi diceva per tranquillizzarmi, altrimenti le si alza la pressione per l'ansia, e gli effetti sono gli stessi dell'ipertensione.
Perfetto, così ora ho paura della paura e sono ansioso per l'ansia.
Che poi, ditemi voi, ma come si fa a stare tranquilli con fili, moscardini, polpi, ventose, tenaglie e cozze pelose accroccate sul corpo mentre di fianco a noi una scatola minacciosa riporta la scritta "Manual Resuscitator", e la macchina cui siamo collegati blippa e rantola e gorgoglia?
Anzi che non ho preso la duevventi, almanaccavo al momento.
A proposito. Il luminare che mi ha visitato -giuro- di cognome fa B. Maramao; il nome non gliel'ho chiesto, temevo rispondesse Bubusettete.

Mi debbo rassegnare a due verità. Uno, che sto bene. Due, che la mia vita somiglia sempre a una puntata della peggior sitcom che sia possibile concepire. Amen, fratello.

L'Indice di Goffaggine Corporeo

L'IGC, ovvero Indice di Goffaggine Corporeo, è un valore molto utile per comprendere ad esempio se sia il caso o meno di entrare in quel negozio di Swarovski per comprare il regalo alla nonna, o se possiamo toglierci lo sfizio del telefono da settecento euro. Poiché può variare con vigorosa escursione in periodi diversi della vita e persino in momenti diversi della giornata, è sempre opportuno conoscere tale valore prima di cimentarsi in qualunque operazione che richieda attenzione, delicatezza o leggiadria.

Se in una sera soltanto riesco a fracassare il barattolo della senape dolce sul pavimento, dare un calcio ad un bicchiere, dimenticare il pesce nel forno mentre davanti ai miei occhi esterrefatti la dolce metà tenta di sbracare la tenda vuol dire solo una cosa. Che l'IGC a casa, ieri sera, era alle stelle.
Meno male che oggi vado dal cardiologo a farmi un controllo

Puerilità for adults

Domenica d'inizio ottobre.
Quattro trentenni.
Quattro trentenni che -non si sa bene come- si ritrovano a giocare a nascondino e unduetrè stella sulla sommità di un'altura abruzzese, sotto a un cielo di cenere, giusto al limitare di un boschetto tolkeniano in cui una luce magica filtrava dai rami e bagnava rocce lattee e muschiose. Praticamente, se non stavi attento rischiavi di pestare una cacca di unicorno.

Ecco, cose così si fanno solo a otto anni. O a trenta.
E comunque, la cacca di unicorno porta di un bene.

Dell'italico pedaggio

Ieri è accaduto di nuovo, ed è qualcosa che ogni volta mi lascia esterrefatto.
Porzione sinistra del casello: sostanzialmente desertica, l'acqua vi cade solo una volta ogni tre anni e le balle di fieno rotolano incontrastate; è il regno degli utenti evoluti, di quelli che se possono approfittare di una comodità o della tecnologia, lo fanno. Gratis (l'universale Bancomat) o a pagamento.
Porzione destra: file ordinate e pecorecce di macchine aspettano pazientemente di versare l'obolo direttamente nella lenta mano della slot machine autostradale. Dove hai messo gli spicci? La pianti di comprartici il kinder coi miei spicci? Li lascio lì apposta e tu ogni volta li fai sparire e non avvisi; Tlin tlin tlin. Passano i secondi, li avrà presi tutti 'sta stronza? Tlin, tlin, tlin, ecco il resto. E via così, per kilometri e kilometri, consumando inutile carburante, tempo e risorse. E intanto il mondo gira, e l'entropia nell'universo aumenta. Miliardi di lente monetine analogiche che debbono essere contate, smistate, archiviate in sicurezza, e riversate nuovamente all'esterno; mani che si allungano per dare, e le stesse mani che si ritraggono dopo aver avuto. In un processo da latte alle ginocchia che nel 2010 sa di antico come la liscivia per il bucato.
E mentre li supero rapidamente, in un misto di stupore, rassegnazione e senso di colpa per il senso di superiorità che provo, non so se ridere o preoccuparmi del fatto che il nostro è un paese dolcemente e tristemente analogico.

Gravemente malato

Oggi ho capito veramente quanto io sia gravemente malato.
Malato di testa, perché mi faccio sempre prendere il panico per qualunque sciocchezza.

Sono il male, e devo essere fermato. Oramai su questo non c'è più dubbio.

Sogni da psicanalisi

Altra notte, altro sogno da psicanalisi.
Questa volta partecipavo ad un programma televisivo dal fantasiosissimo titolo Sfide sotto le stelle, in cui protagonisti chiaramente affetti da sintomi di psicopatia degenerativa lanciano sfide assurde e minacciano pure di portarle a termine. Nel mio caso, avevo chiesto una versione confezionata specificatamente per me di Harry Potter contro il basilisco nella versione per Wii, in cui per l'occasione al basilisco in questione erano stati aggiunti migliaia di tentacoli: il mio scopo, manco a dirlo, ucciderli tutti prima di essere ucciso.

Per rendere la cosa più piccante, gli autori avevano integrato il Wiimote all'interno di una pesante replica della spada di Godric Grifondoro. E così mi ritrovo a rotearla in presa dritta e riversa, zompando come una gazzella di Thompson sul palco e assestando colpi vigorosi a tentacoli, fonici e telecamere.
Una ficata assurda.

Poi, quando stremato mi butto sul pavimento esausto a occhi chiusi, sento mio le mani di mio padre festante che mi sfiorano il viso per avvisarmi che è finita e che ho vinto.
In quel frangente è suonata la sveglia, e da allora sto col culo girato.
Non so se è più per la fase REM interrotta o perché non ho fatto a tempo a prendere il premio, ma tant'è.