Prof. aW

Uno dei miei titoli autoconferiti di maggior soddisfazione, forse perché lo sento profondamente mio da sempre, è quello di divulgatore informatico, in senso lato. La gente mi paga - non poco - per farsi fare le ramanzine sul software aperto, sul mito della compatibilità e sull'importanza di scegliere l'architettura più giusta per le proprie esigenze.

Se gli stessi consigli li dai gratis, non ti si caga nessuno; più ti pagano, invece, e più ti danno retta.
Ma che divulgatore informatico sarei se non avessi un uditorio fatto di una classe intera di discenti?
E infatti, voglio strafare. Mi è stato chiesto di tenere delle lezioni davanti a tre classi, di cui due in remoto, per un master di secondo livello. Non una, ma tre classi contemporaneamente.

Sì, potete chiamarmi Prof. aW.

E' una fortuna (post pulp)

E' una fortuna che alcune delle persone con cui lavoro, o da cui il mio lavoro dipende, siano lontano parecchie centinaia di chilometri da me.
Altrimenti molte di loro oggi si sarebbero trovate con la testa grattugiata sul muro a buccia d'arancia.
Meglio così: se no, sai che tarallo dopo per togliere il sangue dalle pareti?

Il mondo alla rovescia

Stamattina mi sono addormentato piuttosto tardi, e mi sono messo a palle all'aria a ponderare sull'uso del rosmarino nella pignatta di agnello e patate che facevano nell'Alto Egitto. Poi, sciolto nello sdilinquimento dell'ozio, ho sbocconcellato stelle e comete sorseggiando per ore latte corretto all'ambrosia.
Mentre il vento caldo del sud mi massaggiava i piedi, godevo del sole eterno che riluce nelle mie iridi e saggiavo con l'anima il lento incedere delle cose del Mondo. La stasi è un illusione, ma è sufficientemente credibile per chi ha tutto il tempo del mondo, come me.

In un momento, ho raccolto un briciolo di volontà ed ho desiderato che gli articoli si scrivessero da soli: e così meccaniche perfette di simboli si sono concatenate tra loro in sillabe, le sillabe in parole e le parole in discorsi tondi e gravidi di senso. Tutto assume un significato perché è così che deve essere, senza fatica: il lavoro è cosa che non riguarda quelli come noi. Concentrato in un'eterna estasi di sapienza, ero muto verso tutti: le chiacchiere fanno perdere tempo, e non c'è tempo dove mi trovo io.

Questo nel mondo alla rovescia. Nel mondo vero, mi sono vegliato presto, mi sono fatto un mazzo tanto mentre mi scottavo la lingua bevendo il cappuccino, e poi ho dovuto scrivere fiumi di parole dopo averne lette venti volte tante. Ora, non appena avrò finito di cincischiare con colleghi ed amici, posso chiudere la coda di commenti e andare a farmi il mazzo da un'altra parte.
Onestamente: mi piaceva di più la versione alla rovescia.

Vogliadimenta

Vogliadimenta era una ragazzina solare e divertente, che sapeva intrattenere amici, parlare a modo ed intavolare discussioni di un certo spessore. Minimo la deforestazione in Amazonia o la febbre porcina, mica  pinzellacchere. Quando uno straniero dagli occhi amigdali si avvicinava per chiederle la strada, Vogliadimenta lo prendeva per mano e lo portava a fare il giro completo del circondario, con tanto di foto alla casa del Sindaco, monetina nel pozzo dei desideri e pranzo al sacco. Una volta era partita tanto a razzo che, a fine giornata, aveva raccolto dietro di sé una coda di almeno trenta turisti convinti che lavorasse per le Belle Arti.

Servizievole e rispettosa, Vogliadimenta aiutava sempre sua madre a fare la sagne fresche per la pasta e ceci, e quando aveva da studiare, lo faceva e basta senza colpo ferire. Magari era un po' capra a matematica, e claudicava un tantinello in geografia, ma tanto che mi frega si ripeteva saggiamente, tanto la geografia non è neanche più una materia, lo dice pure il ministro. E ciò prova non soltanto che la ragazzina avesse giudizio, ma che fosse pure parecchio informata.
Negli ultimi tempi Vogliadimenta aveva iniziato a vedersi con Giorgio fuori dalla scuola. Cioè, con Giorgio ci giocava anche prima, solo che ora non giocano più granché. Anche perché se no le si rovina il trucco; piuttosto passeggiavano per ore al parco sotto casa, e parlavano del più e del meno. Però sempre con la deforestazione nel cuore.

Vogliadimenta era una ragazzina davvero gagliarda, che qualunque genitore avrebbe amato. Di grosso, aveva solo un difetto. Non me ne vogliano i suoi, ma ha davvero un nome del cazzo.

E' uno schifo di mondo, per un astice

Lo ammetto, lo so, non c'è bisogno di ripeterlo.

Sono un asticida: io uccido gli astici, va bene? Non mi diverte, soffro con loro, ma non ci posso fare niente. Quando poi li impiatto, tra linguine, prezzemolo fresco e pepe di Bangka, non ci penso più. Soprattutto dopo un bicchiere di Pecorino del chietano.
Vorrei poter smettere, continuo a ripetermi sempre solo uno e poi basta, solo uno e poi basta.
Ma è una spirale. Prima o poi la voglia torna, e l'occasione fa l'uomo ladro e asticida.
E ci ricasco.
E penso alla sfiga di venire al mondo astice. Nasci, cresci, passi gli anni più gagliardi e fecondi dentro alla squallida teca di una pescheria mentre guardi pesci e crostacei morti. Praticamente vivi in un obitorio. E poi arriva il momento in cui uno stronzo qualunque - io, nella fattispecie - viene e ti porta via solo perché ne ha voglia.
Oggi ho scoperto che non gli danno neppure da mangiare, dentro quell'angusto mezzo metro quadro d'acqua. E ti credo che poi stai incazzuso e maestoso con le chele all'insù, quando ti prendono. Quelle chele mortificate da elastici più forti di te e di me: è facile fare gli smargiassi, quando qualcuno è insaccato dentro gli elastici, evvè?
Ora la salma giace di là, nel padellone da sfida culinaria in tivù, coperto di pomodorini e prezzemolo.
Ma giuro, lo giuro, ogni volta che compro un astice gli sfilo gli elastici e sussurro di nascosto: va', dai, ché se mi pizzichi giuro che non mi incazzo.
E ora fame. Anzi, famissima.

Tema di Pioggia

Un caro amico mi ha chiesto di comporre il tema principale e qualche altra carabattola per un corto che sta girando, e questo è il risultato.

Lo so, non c'entra niente, ma oggi mi gira così.

Lo guardo, mi guarda

Lo guarda, mi guarda.

E' sconsolato e lievemente afflitto, spento e persino un po' scomposto. E' tristemente fuori luogo, e ne ha ben donde. Appartiene ad altri tempi, e ispira sentimenti decisamente inappropriati. E' curioso come anche la più potente delle emozioni risulti sgradevole e superflua, se soltanto torna a galla al momento sbagliato. Amore, rispetto e persino cose come il Natale o una commemorazione importante possono diventare d'improvviso démodé e stomachevoli.
Non è affatto diverso da come appariva soltanto due settimane fa, eppure non lo riconosco già più. E con certe persone, neppure diecimila promesse si concretizzano mai in un gesto.

Insomma, mi sa tanto che se 'sto albero di Natale non lo levo dalle palle io, resta qua fino a Pasqua.

Siamo un paese

Siamo un paese che pone rose rosse sul sepolcro di Craxi e che, al contempo, dichiara pornografico il diario di Anna Frank; che riesce a innescare polemiche per un Preside con la vocazione da agente di viaggi, o che paga i riscatti prontamente e pure con la mancia. E poi, magari per rimborsarti 30€ di IVA, ci mette dieci anni.

Ma solo a me vengono i conati?

Sono troppo stanco: il post immaginatevelo da soli

cdo

Assioma della sfiga a lavoro

Se, su millecentosessantuno occasioni di errore, commetti un errore per la prima volta, quella è la volta che il tuo capo viene a controllare il tuo lavoro.

E' in simili circostanze che anche all'uomo più pio vengono in mente le peggiori Bestemmie Creative, cioè turpiloqui che mescolano in maniera inaudita Eva, santi, animali e posizioni del kamasutra.
Non avrei mai pensato di possedere tanta volgarità.

Il buccoleggio

Il buccoleggio è un aggeggio oggi dimenticato e desueto che alcune antichissime civiltà usavano e al contempo adoravano, poiché in grado di misurare con precisione per noi inimmaginabile il tempo passato a cazzeggiare invece di fare alcunché di produttivo per sé e per il mondo.

Ecco, oggi pomeriggio di buccoleggi me ne servivano almeno due.

  • La tragicità di ogni rientro è inversamente proporzionale alla goduria della vacanza.
  • Chi sente la nostalgia di casa in vacanza, in realtà, è già tornato a casa.
  • Partire per la montagna è un po' morire, ma pure cascare con lo snowboard ci si va parecchio vicino.
  • Lo stress lentamente stemperato in una settimana di tranquillità è sempre e comunque inferiore a quello accumulato nelle prime ore del rientro.
  • L'arma migliore per contrastare un rientro è solo una: progettare la prossima partenza.
Pissellòvv a tutti.

iSlitt

La Donna d'Altri Stenti

Questa donna che ho conosciuto vive in posti meravigliosi e isolati che noialtri schiavi delle città solitamente aneliamo o schifiamo, a seconda delle persone e del momento. Generalmente schiva, la Donna d'Altri Stenti si fa il suo bel paiolo da una vita, a prescindere dall'età, dalla salute e dai figli: si sveglia all'alba, lavora sodo e se non lavora, controllate, perché allora è morta. Si fa da sé la ricotta per i ravioli, stende e taglia la pasta a mano e manda decorosamente avanti la tradizione senza lagnarsi neppure troppo, in un rinomato ristorante di famiglia che nei giorni buoni fa anche duecentocinquanta avventori: per molto, molto meno, io stesso mi lamento molto, molto di più.

Puntuale e meticolosa, dotata di infinito senso pratico, questa donna qua è ignorantella ma buona, parla delle vacanze come Alberto Angela dei fossili (se ne vocifera, saranno pure esistiti, ma va' a sapere), e possiede un innato sesto senso per le pietanze, gli abbinamenti ed i sapori; azzarda se è necessario, ma sempre restando tra i rigidissimi paletti dell'antica sapienza di mamme e mamme di mamme.
La Donna d'Altri Stenti afferma che le mogli di oggi siano lagnose e inconcludenti, persino irrispettose nei confronti di marito e matrimonio, e a dire così non è una pia vecchiarella del Sud più a Sud, ma una tipetta cazzuta e moderatamente moderna che sa pure fare le sue ricerchine su Internet. Non è di certo una viaggiatrice, anzi sospetto che di cose ne abbia viste davvero poche, al di fuori della sua regione. E ciò si evince da come parla, oltre che dal fatto che annetta Carsoli al centro di Roma. Ma resta una sconcertante verità il fatto che, oggigiorno, competenti logopediste o avvocatesse in carriera ammettano seraficamente di non conoscere la differenza tra broccoli, broccoli siciliani e broccoli romaneschi (visto coi miei occhi, e per fortuna che non erano cibi venusiani tipo cardi, cotogne e cicerchie), abbiano un principio di infarto al pensiero di pulire il pesce, ed in generale non considerino edibile tutto ciò che non sia stato espressamente contemplato dai chimici Barilla. E allora ripenso agli aromi artificiali che mangiamo, a quelli che propinano alla televisione e sui giornali, e a quelli che troviamo in tutto il resto, compreso nelle vacanze preconfezionate. L'artificiale piace perché somiglia parecchio all'originale ma presenta infinitamente meno rischi e, se ci si accontenta, è di sicura riuscita. Ma è, come molte invenzione dei nostri tempi, una pura e semplice contraffazione, ed io storco il naso. Punto.
La Donna d'Altri Stenti è una specie in via d'estinzione e andrebbe protetta né più né meno che la megattera o l'arvicola delle nevi; peccato soltanto che sia un filo cliché e un tantino desueta, perché se no a qualcuno sarebbe venuto in mente di metterla sotto vetro. Statene pur certi.