L'addio alla casa che muta

Non era bella, ma graziosa sì. E neppure era sdegnosa, o aristocratica o dalle rifiniture dorate, però era simpatica, e leggera, ed aerosa. Persino luminosa.

L'abbiamo viziata e vezzeggiata, strigliata e piegata, e per tutto questo tempo abbiamo sinceramente creduto di poterla educare, di poterla rendere decorosa e piacevole. Di renderla sul serio e profondamente nostra, e lei per tutta risposta ha tentato di ucciderci. Lei, ed i suoi proprietari. Perché abbiamo dimenticato non soltanto che lei non ci appartiene, ma che le case, come le persone, non cambiano mai.
La Casa che Muta è stato il luogo, nell'ultimo anno e mezzo, in cui le amarezze venivano lenite, in cui la stanchezza d'un giorno di lavoro trovava conforto ed appagamento. Pur con tutte le sue piccole storture (che d'improvviso mi riescono insopportabili), era la plaga della buona cucina, dell'occasionale partita a Catan, della musica al pianoforte, e non per ultimo era fonte di ispirazione e scenario di tanti miei racconti.
Dire addio alla Casa che Muta fa male, e porta con sé una quantità inimmaginabile di questioni da dirimere, e spese, e ci sbatte in faccia i veri problemi, i sotterfugi sociali, gli aiutini di cui non potrò mai godere, ed infine tutte le mie debolezze. Così, mi accorgo ancora una volta della bambagia, di quell'aria rarefatta e felice che m'avvolgeva e di cui i Simpatici Simbionti - scopro ora - costituivano solo una parte.
Vorrei dire a me stesso che non è così. Vorrei convincermi che la Casa che Muta in realtà siamo noi stessi, e che la porteremo con noi dovunque andremo; ma sarebbe una bugia, e lo so bene.
Si cambia vita, d'ora in avanti, e sono già un po' più cattivo, più diffidente e prevenuto. Insomma, sono un po' meno me stesso.
Il fatto è che non posso più permettere alla mia gentilezza, alla mia comprensione, empatia, pietà di ostacolare, anche per un solo attimo, i nostri interessi, il nostro bene, la nostra felicità.
Qualcuno dirà che sono diventato veramente adulto. Io dico che è una fregatura e basta.
E allora, vaffanculo tutti. Vaffanculo quelli che riescono ad essere infelici nonostante gli aiutini, vaffanculo quelli che i problemi non sanno manco cosa sono, e vaffanculo a quelli che sii sereno e tutto si risolve. Io tutto quello che ho costruito me lo sono guadagnato, e la mia vita l'ho scolpita nel granito grattando via le unghie.
Ne sono orgoglioso, certo, ma sembra sempre troppo poco e troppo tardi.
E d'improvviso, ho la spiacevole sensazione di essere tornato al punto di partenza. Solo che ora si fa sul serio.