La caricatura

La caricatura d'un certo papa si guarda allo specchio e pensa son ben brutto: ma è pur vero che certi uomini sono la caricatura di se stessi.

La fiamma eterna

La fiamma che arde per sempre sarebbe fiera della propria immutabile, eterna condizione, se non fosse che un poco se ne è stancata.
Rischiara le notti più audaci e ammansisce gli amori giovanili; ispira persino le menti vecchiotte che sospirano al ricordo di quando pure loro si innamoravano e gli si reggeva senza bastone.
L'eternità è per lei un cavillo incomprensibile ma accettabile, come la coratella per il cuoco o la merda per il fattore solerte, e se dice qualcosa è sempre al futuro, che si rivolge, come non potesse comprendere altro che linguaggio che quello del tempo che scorre.
Se non che, anche la fiamma che arde per sempre, un bel giorno, si è rotta le palle di ardere per sempre, di essere sempre affidabile, simile a se stessa e prevedibile. Anche le fiamme hanno le loro velleità, dopotutto.
Così, una volta colse al balzo un soffio di vento e vi si gettò dentro, come qualcuno suicida dal centesimo piano, e sparì per sempre, senza premeditazione né giudizio.
Ora si è reincarnata in una incontenibile, gagliarda torcia olimpica perché era buddista.
Sempre agli altri, certe fortune.

Il violoncellista dall'animo curioso

Il violoncellista dall'animo curioso si dannava perché prima di essere famoso non aveva i soldi per pagarsi una vacanza, e ora che il pubblico l'acclamava, non aveva il tempo per concedersela.
A questo mondo, talvolta, manca materialmente il modo di essere veramente felici.

Asshaiè

Asshaiè lo dice sempre il mio vicino di casa, che in un dialetto del Bangladesh significa pressappoco il giorno matura come un frutto ed è un bel modo di augurare buona giornata a qualcuno. Se per caso un tizio lo insulta, lui gli risponde lo stesso Asshaiè, ma con tono arcigno e severo.
Dice che tanto, prima o poi, anche la frutta più perfetta marcisce e puzza.

Il ragazzo qualunque

Il ragazzo qualunque si rese conto che a provare una sola volta di più non si fà mai male.
Al massimo, porta tanta, inaspettata fortuna.

Il disincanto nel frigorifero

Io conosco uno che, nella sua ingenuità, fà quasi tenerezza.
Secondo lui, nel mio frigorifero il pecorino sedimenta naturalmente come possenti basalti delle grotte di Castellana, mentre preziosi pomodorini a grappolo vengono incubati nel cestello simili a perle, rosse di zucchero e rubino, pronte solo da mangiare senza neppure lavarle.
Le peschenoci, gemme tra i percochi, sono lucide e tonde come quarzo lavorato, screziate appena di venature rosse come il sangue dei fuochi fatui, ed i petali di Parmigiano si staccano leggeri dalle Rose di Grana come farfalle. Nella sua visione delle cose, il pane è sempre fragrante perché arde d'amore per lui soltanto, e i vini, cocchini e ramati, vengono occultamente stillati da creature bellissime e segrete, di continuo, così che nessuna gola possa mai più avere sete.
Talvolta sono tentato di informarlo della triste realtà: la spesa la faccio io.
Ma con che cuore posso disincantare uno così?

Il trabuccolo

Il trabuccolo è una piccola scatoletta con una peculiarità: fa sognare ciò che abbiamo dimenticato.
Ha un unico difetto, però. Non distingue tra ciò che vogliamo e non vogliamo ricordare così che, alla fine, riesce per lo più a procurare amari dispiaceri e delusioni cocenti, oltre che qualche rara consolazione. In verità, per la maggior dei casi, rievoca ricordi inutili e sgraditi perchè la mente - verrebbe da dire - non è affatto fessa. E la dimenticanza, talvolta, fa campare meglio.
Sarebbe invenzione utile, forse, se piuttosto permettesse di cancellare ricordi a piacimento, a seconda di quanto e come ci hanno più ferito, o umiliato o offeso.
Ma anche questo sarebbe deleterio perché rischieremmo di commettere lo stesso errore per sempre.
Vorrei soltanto che alcuni cui voglio o potrei voler bene smettessero definitivamente di usarlo, 'sto trabuccolo.

Il misfatto di Iacopone da Todi

Ci pensavo giust'appunto ieri, mentre godevo di alcune piccole, belle cose.

Allegom’en sseppultura
un ventr’i lupo en voratura
e l’arliquie en cacatura
en espineta e rogarìa.

Una cosa me la sono sempre chiesta.
Ma perché il lupo, che con tutta questa devozione non c'azzecca niente, dovrebbe stare scomodo e infelice a cagare su un rovo?
Evidentemente la santità richiede molti sacrifici.
Anche da chi santo non è.

Il nano da giardino

Il nano da giardino odia i nani come lui. Ma siccome non può dirlo altrimenti lo additano come un misonannista di merda, allora fa finta di tollerare gli altri suoi compagni.
Ma li odia, ah se li odia. Stamattina si lagnava del nano di terraccotta. Aveva da rimbrottare su tutti, ma soprattutto ce l'avevo col nano di terracotta. Diceva è un puttaniere perché se la fa con la puffetta di policarbonato espanso. Che poi, dico io, un puffo è un puffo, non è un nano. Si, è piccolo e ridicolo. Ma non è un nano. Perché non tiene il pisello, ecco perché non è un nano, e noi nani - modestamente - teniamo una nerchia che non facciamo i film porno solo perché la gente è razzista. E che dire del nano della Disney, quel ruffiano, checchissimo cucciolo? Che sta là solo perché tirava certi felloni da sotto la scrivania all'amico Walt. E queste cose non le dicono mai, alla tv, quelli di GeoPieroAlbertoPaone, brutti comunisti venduti servi della gleba.
E poi, quell'altro, là, il putto di gesso. Non è nemmeno un nano e l'hanno piazzato in mezzo ai geranei. Se ci stavo io, ci pisciavo tutti i giorni di nascosto su quei geranei del cavolo che gli dichiarerei guerra domani.
Ai geranei e alle oloturie. Va bene? Non ne ho mai vista una. Non so neanche che cazzo sia, una oloturia, ma la odio perché con un nome così del cicisbeo deve essere per forza una scassaghiande.
Ma più di tutti, mi sta sulle ghiande quello gnomo del mango con la torcia da minatore in mano e due labbra da professionista nel settore dei succhioni boraciferi. Se il mondo fosse giusto, ora starebbe sotto una montagna di sterco in mezzo ai rovi e calpestato da una mandria di animali orrendi e pieni di cose acuminate. Ecco dove starebbe.


Per un nano così, un giardino è sempre troppo, troppo stretto.

Uno dei miei personaggi

Uno dei miei personaggi è diventato reale e mi ha accusato di averlo descritto superficialmente.
Son soddisfazioni, quando il creatore viene cazziato dalla creatura.

Lo specchio nascosto

Stamattina dovevo fare la barba, ma mi serviva lo specchio, altrimenti le basette vengono una chiavica e poi non sono capace, senza specchio.
Ho frugato in ogni possibile luogo, senza venirne a capo. Così, ho dovuto necessariamente frugare nell'impossibile. Sono dovuto entrare in un racconto di nascosto ed inventarmi il bagno; di nascosto perchè il personaggio principale - uno sgherro mafioso dall'omicidio facile - stava di là a dormire con due puttanoni di bassa lega.
Ho dovuto creare il pavimento su cui ho camminato (mattonelle blu a fantasia verde: una merda), il lavandino (sbeccato) contro cui ho urtato, lo specchio incrinato in cui mi sono visto e la lavatrice sulla cui sommità stava una pila di giornali sotto la cui sommità stava nascosto lo specchio.
Già che c'ero, visto che avevo fatto presto, mi sono anche inventato l'interessante articolo che ho letto.
Poi, alla chetichella, son tornato alla realtà e ho usato lo specchio sotto i giornali per farmi finalmente la barba.

Il ragazzo cliché

Questo ragazzo di cui voglio parlare esiste sul serio, altrove da qui, ma c'è: lo giuro. E' piccolo, tarchiatello e pelosetto, al centro delle attenzioni sue e degli altri in qualunque modo possibile e se non lo è, fa in modo di esserlo. Anche quando è altrove.
Dal canto mio, mal sopporto questo tipo di violenza sulla coscienza e, piuttosto, mi attrae più ciò che di bello ed eccitante c'è nel silenzio raccolto di un ne caghè pas. Vero o fittizio che sia, va' a saperlo. A volte non si ha semplicemente il tempo di scoprirle, certe cose.
Si diceva che questo ragazzo non ama granché ma sembra molto amato; la sua compagnia viene addirittura lesinata, ci si lagna se c'è e ancora di più se non c'è. E' una persona reale eppure è molto meno che uno dei miei personaggi, perché è vittima di sé stesso, della sua storia e delle sue ragioni. E' una finzione sempiterna, un cliché vivente, non possiede spessore perché è così che è e che desidera essere.
Ma sottosotto, è un sollievo sapere che non c'è il giullare intorno. Si fa meglio, si conosce meglio, si conquista meglio, si pensa o parla meglio se non c'è lui a fare il pagliaccio. Tutti lo sottendono, qualcuno sottosotto lo dice pure. Ma il ragazzo cliché è buono solo quando c'è da divertirsi tutti assieme, e cioè una piccola frazione d'una piccola giornata. Per il resto, si cerca di godere da soli ed in due. Perché checché ne dicano bontemponi e filosofi puzzoni, una risata in cento è gioia moltiplicata ma un bacio sotto le lenzuola batte tutte e cento le risate, i bontemponi ed i filosofi messi insieme. Al massimo sono coadiuvanti, ecco, come lo sciroppo.
Desideravo conoscere il ragazzo cliché, davvero, perché mi incuriosiva l'alone di vocerìa vagamente leggendaria che lo circondava. Ho scoperto che non è molto più di ciò che appare, non è complesso più di altri e non conosce altra luce che quella della sua ribalta.
Ed è strano che tutta questa storia, che sembra contribuire a osannare quella celebrità, in realtà parli di tutt'altro, nascosto nell'ombra e riparato dall'occasione che non torna, che fa pensare e che lascia sulla bocca lo strano sapore del dubbio.
Vedi? E' pura, piccola celebrità. Ne parli con parole piccate e vistose ma poi, alla fin fine, il ragazzo cliché resta ammonticchiato là insieme alle riviste polverose che non sfoglierai mai più, assieme al boa con le piume di struzzo e al resto del ciarpame che aspetta una ragione per essere gettata via.
Il resto, no. Resta.

Super aW

aWilito è diventato vittima, demiurgo e personaggio di troppi racconti, troppo incasinati e troppo non lo so neppure io cosa, però era sicuramente troppo.
La cosa più importante, però, è che ora non sono più uno qualunque.
Io sono aW.
(come pikappa, che paperinik fa tanto fumetto polveroso del babbo che qualcuno conosce ma che nessuno si caga)