Il portolo sentasferico

In un crastello pieno di sderganti, i beffelli solevano accordellare un piccolo portolo. Era tanto piccolo e pestolo che lo chiamarono il picoportolo,o portolo sentasferico. E' evidente a tutti il perché.
Un giorno accadde che La cazzarella del crastello si mise a cuttello perché era gravemente argamata. Picca e picca, piccò il piccolo portolo sentasferico nella sgnuffa del  grancrastellano, intento a limnare col pestolo ammanìto.
Lo scregno e la gastrezza si intimonirono della cazzarella del crastello, che oltretutto era anche la percana più sirente.
Furono convocati al dunque miscosti, pelvelli e puzzommi, affinché potessero secorare e disticciare sull'evento, ma soprattutto fu telato il mistatto.
Solo che la cazzarella non aveva fatto i conti con la sfoltura: il piccolo portolo si mise a centerbinare tutti i vacilli del crastello, così che ora i miscosti sapevano dei puzzommi ed i pelvelli sapevano tutto di tutti gli altri.
Fu quindi decultato il cescio e tutti furono piuttosto spiccati nel piccare la tastione.
La morale di questa storia è chiara: non spercolare il tavino nel vicone. Neppure con un portolo.

Il tizio degli Stati Uniti d'Africa

Il tizio degli Stati Uniti d'Africa non aveva mai amato la letteratura.
Questo perché la letteratura, da sempre, si occupa solo di fatti simbolici e importanti, amori eterni e inconciliabili, guerre sanguinose e potere, grandi commedie e tragedie. L'universale non lo affascinava, perché non vi aveva mai creduto, neppure un po'.
Una casa modesta, un amore sincero, un piccolo gruzzolo e un cospicuo numero d'amici; questo sì, lo muoveva intimamente. Niente di impossibile o inavvicinabile per chiunque, avendone il tempo e la possibilità.
Il tizio degli Stati Uniti d'Africa riteneva giusto lottare per la conoscenza, la verità, la giustizia e la salute: tutte cose che stanno sui libri di storia, non nei romanzi e nell'inverososimiglianza. E si domandava come si potesse anche solo immaginare di dover lottare, per ottenere conoscenza, verità, giustizia e salute; semplicemente le pretendeva. E credeva che se chiunque altro le avesse pretese, non sarebbe stato necessario nient'altro, neppure una goccia di sudore.
Gli Stati Uniti d'Africa non esisteranno mai, tuttavia quel tizio vi apparteneva da sempre.

Gli stronzovirus

I miei virus sono atipici e assenteisti.
Lavorano solo al weekend, se se ne ricordano, e ora a quanto pare stanno in vacanza.
La scienza medica dice che non è possibile che quel virus compaia prima qua, poi là, a cadenza settimanale o quando gli gira. Oltetutto, stando alle mie cattive letture (l'enciclopedia medica), dovrei contorcermi tra dolori laceranti e pustole ributtanti.
Io al massimo mi grattavo.
La conclusione è che non sono virus, e che quindi devo stare tranquillo e soprattutto evitare di rompere le palle ai dottori durante i weekend che stanno al mare e il cellulare si insabbia tutto, a rispondere di continuo.
Ma io lo so. Sono virus dispettosi e fedifraghi. Lo fanno apposta perché altrimenti non farebbe ridere.
E la mia vita assomiglia molto a una sitcom. Anche a livello molecolare.

Il ragazzo pesce

Il ragazzo pesce ha deciso di voler essere malato. Gravemente, se possibile.
Ma non gli riesce neppure un po' perché ha la boriosissima classe medica - e la ricerca - contro: insistono che stia bene e qualunque cosa fosse stata, è guarita.
Ma si domanda, come potrà mai guarire se prima non accettano la sua malattia?

Le due formiche, ovvero sulla divinità

Qui davanti a me, sulla finestra, due formichette con le ali si inseguono come impazzite, o in amore, e incrociano circonferenze perfette, danzano e zompettano, ignare che questo sarà il loro ultimo rituale.
Tra poco saranno immote pallocchie nere sul davanzale, ma ancora non lo sanno.
E pensavo che è facile giocare a fare dio quando hai la mano più grossa della loro.
(Cmq ora di pallocchia nera ce n'è una. L'altra formica è fuggita: anche la divinità ha i suoi limiti)

Io e lui

- Non ti posso vedere così. Cos'è st'effetto lumaca?
- Non è colpa mia. Lo sai che se tu da sopra non sei contento, io sono infelice.
- Si, vabbò, ma già è brutto stare ammalati. Poi ti ci metti pure tu. Io mi deprimo peggio, a vederti così.
- Non ci posso fare niente.
- Ma non senti proprio niente?
- No.
- Niente niente?
- No.
- E pensare che fino a ieri eri tutto arzillo e pimpante. Un attore!
- Esagerato.
- E' vero. Non te l'ho mai detto per non farti montare la testa. Però secondo me hai del talento.
- E' il mio mestiere. Faccio solo il mio dovere.
- Io non mi sento granché. E sono pure parecchio avvilito.
- Ma piantala, tanto guarirai. Sei giovane, hai gli ormoni. Più ti angosci e più blocchi gli ormoni. E senza ormoni qua finiamo a fare la maglia io e te. Almeno uno di noi può mandare avanti la baracca.
- Sono troppo avvilito.
- E allora basta. Chiudiamo. Fine. Caput! A fare il cardigan, tutti e due.
- ...
- Me lo fai un piacere?
- Si?
- La smetteresti di pensare a tutti i virus che potresti avere? Esci, svagati, cucina, pulisci, insomma fa' qualcosa che non sia la lista dei sintomi. Tanto se continui a sfogliare l'encicolpedia medica scoprirai di avere anche il morbo di Alzheimer e l'epatosi oestetrica.
- Ci credi che mentre leggevo i sintomi pensavo di averla?
- E perché hai capito di non averla?
- Perché non sono incinto.
- Ah.
- Senti, però lo sai che io sono un edonista. Se proprio devo soffrire, mica vale la pena che soffriamo in due.
- Hai ragione. Sai che faccio? Mi tiro su. Così ti tiri su pure tu.
- Hai ragione. Meno male che ci sei tu.
- A volte sei più testa di cazzo di me.
- Sei simpatico, sai? Sei il mio migliore amico.
- Tra simili ci si intende. E ora scusa. Tengo da lavorare.

Per tanti anni

Per tanti anni, aveva temuto la fine d'un viaggio. Invocava ogni aiuto, s'appellava ad ogni idea pur di strappare un giorno in più, uno soltanto all'esito infallibile del ritorno. Aveva l'impressione di non arrivare mai veramente in nessun luogo, ma di dover partire da tutti.
E' perché amava fortemente i posti che visitava.
Oggi però, è cambiato qualcosa. Questa volta, questo ritorno fa meno male, anzi è ambito e virtuoso, persino bramato.
E' perché, oggi, ha finalmente una ragione per tornare.

La strada di Keeran ó Ceallaigh

Keeran ó Ceallaigh, multiforme al pari dello stesso Ulisse, aveva cambiato molti arti e mestieri tra infiniti dubbi e infinite incertezze, prima di cominciare a fare il saltimbanco.
Allora suo padre, seduto alla tavola davanti a molti amici e parenti, disse che era grandemente preoccupato per il suo futuro poiché i saltimbanchi non costruiscono case, né battono il ferro. Cosa che il più umile apprendista maniscalco sa fare.
Mai come allora Keeran fu certo di aver trovato, e finalmente, la propria strada.

Il ragazzo che arde

Il ragazzo che arde è gravemente malato.
Il suo corpo è cosparso infatti di chiazze di fuoco, con fiamme rossicce alte un paio di centimetri che mutano grandezza e posizione ciclicamente, ma in modo imprevedibile.
Purtroppo, la sua malattia è incurabile e dura tutta la vita; talvolta, regredisce spontaneamente, ma non sembra questo il caso.
Il ragazzo che arde ha seri problemi. Per esempio, compra solo vestiti ignifughi, perché il cotone si volatilizza prima ancora che lo metta. Peraltro, sollevati dal calore e tutti ardenti, i lembi di stoffa sembrano temibili farfalle: le uniche che oserebbero avvicinarglisi.
il ragazzo che arde è cocciuto, si sente sano, a parte questa grave intossicazione del fisico, e pretende di mangiare da solo, con le sue mani di brace, così che i bocconi sono praticamente già carbonizzati per quando arrivano ai denti. La mamma - saggia e pratica - ha risolto lasciando la carne a cubetti, cruda nel piatto, così almeno la mangia al sangue, che fa tanto bene. E di recente ha preso anche l'abitudine di chiedere al figlio di portare la teglia della lasagna a tavola. Così facendo, la mozzarella fila e si fa la crosticina senza nemmeno metterla in forno. Il papà, invece, gli chiede sempre di sedersi sui mucchietti di foglie e aghi di pino, dopo aver spazzato il giardino. Di contro, sua sorella non perde occasione di invitarlo alle feste in spiaggia perché - diciamoci la verità - vedere fiammelle gorgogliare e filtrare sotto la superficie del mare non è cosa di tutti i giorni.
Certo, ci sono molte controindicazioni e molti dispiaceri, in questa condizione. Il suo primo amore, Anna, ha ancora una brutta cicatrice sul viso, rimembranza di quando volle ad ogni costo ricevere una carezza.
Era un amore letteralmente ardente, eppure impossibile.
Dopo un periodo di stage come fenomeno da baraccone in una azienducola patriarcale e poco seria, il ragazzo che arde ora ha iniziato a lavorare per una società che testa la sicurezza dei prodotti per bambini. E' finalmente molto apprezzato e richiesto e, pur con tutta la delicatezza richiesta dal caso, si sente per lo più appagato.
Dico per lo più perché certe persone non sono mai veramente a posto con se stesse. Non per cattive compagnie o scelte di vita sbagliate, anche perché non sono infelici, anzi. Piuttosto, costoro si sentono costretti in una indefinibile attesa di qualcosa che manca loro e che ignorano, che bramano e poi tentano di trovare. Ma ditemi voi, come si fa a cercare qualcosa che non si sa di dover trovare?
Il ragazzo che arde è sceso a patti con l'esistenza e fa il suo gioco, dissimula tranquillità e  fa ciò che ci si aspetta da lui, fintanto che gli va bene.
E' buono, certo, e molto coscienzioso. Ma potrebbe bruciare il mondo intero, se solo volesse. Voi vi fidereste di uno così?

L'amore tutto mio

L'amore tutto mio, se oramai fuori è di zinco cromato - che impermeabilizza all'usura quotidiana e resiste alle asperità del tempo- dentro è tutta morbida mù, che se dico una sciocchezza si offende per un giorno intero.
Come si fa a non amare una cosa così?

I malati di infelicità cronica

Non credevo esistessero veramente: pensavo fosse solo un artificio di menti ingenuamente prone alla romanticheria.
Ma ieri le ho viste, abbracciate e comprese con questi occhi.
Esistono sul serio, e sostanzialmente, persone che hanno dimenticato come essere felici.
Questa affezione - o malattia dello spirito - li tiene prigionieri in una vita, un matrimonio, una classe sociale o un mestiere che non sentono propri ed essi soffrono di questo stato di cose, ma non trovano niente che possa mutare la loro condizione.
Non comprendono - né comprenderanno mai - che non è da fuori che nascono le opportunità, ma principalmente dall'interno della mente.
E' una pena vederli bramare alla felicità cui non torneranno mai, e lo è ancora di più quando gli vuoi bene.
Ma per qualche beffardo equilibrio del mondo, non è cosa che l'amore possa smuovere in alcun modo.