A dialogo con una Oloturia

Stamattina ho dovuto svegliarmi presto.
L'insalata di polpo (polpo infingardo e vendicativo anche da morto) della sera prima non mi ha dato pace per tutta la notte. Il mio stomaco rantolava, borbogliava, biascicava e ponderava incessantamente, schiacciato dal peso specifico del pasto e affranto nel tentativo di portare a compimento la soverchia fatica della digestione. Così stamattina, di buon'ora, ho dovuto cedere e darla vinta al polpo che tornò, più o meno tutto, là donde era venuto.
Distrutto dalla notte insonne e vagamente turbato, forse proprio a causa di quanto accaduto, decisi di fare una passeggiata sulla spiaggia, all'ora in cui il sole è appena sorto e la sua luce grigia sembra impastarsi con la salsedine addosso.
Non troppo tempo dopo, assorto come sempre in pensieri grandi, avvertii la spiacevole sensazione di pestare qualcosa di piccolo, tubulare e umidiccio. Ma non fu quello a sorprendermi, quanto piuttosto il piccolo gemito di dolore che ne seguì.
"Ahi."
D'istinto guardai sotto la suola della scarpa.
"Non lì. Sono qui."
Individuai subito la fonte di quelle parole. Era una disgustosa creatura marina che mi parlava, grossa come una salsiccia, color marrone scuro, lievemente ispida per via di tanti minuscoli cornetti sulla pelle spessa e viscida. Dovette notare il mio istintivo moto di repulsione perché mi disse "tu a noi ci fai lo stesso schifo, ma mica ti pestiamo".
Rimasi molto colpito dalla saggezza profonda di queste parole.
Cercai di ricompormi e dopo un paio di false partenze, dissi "mi spiace di averti schiacciato. Spero di non averti fatto male"; "a proposito" cercando di suonare il più disinvolto possibile "cosa sei?"
"Una oloturia."
Cadde il silenzio. Evidentemente l'altra doveva ritenerla una risposta sufficiente. Attesi un po' e continuai "e cos'è un'oloturia?"
Ancora silenzio. Mi sentivo scrutato da minuscoli occhi con sussiegosa pazienza e degnazione. Era indubbiamente una domanda sciocca, la mia. Tuttavia l'oloturia mi spiegò "Sono un echinoderma, dotato di un esoscheltro costituito di piccole placche articolate dette spicole." sentii ancora lo sguardo fermarsi su di me perché continuò "spicole, non spigole. Con la 'c'. Ho i polmoni vicino l'ano e ho un pesce parassita nell'intestino. Capisci bene che ho i miei motivi per essere irritabile la maggior parte del tempo. Tralaltro il mio parassita personale si chiama Eustachio ed è un vero seccatore."
Al mio evidente e tacito sbigottimento la creatura sentì la necessità di bofonchiare, stavolta vagamente infastidita "ci chiamano anche cetrioli di mare", e questo, ritengo, fu tutto quanto aveva da dire a riguardo. Quanto meno avevo finalmente capito con cosa avessi parlato fino a quel momento.
"Ah" constatai, e fu tutto ciò che seppi dire.
Passò ancora del tempo in cui mi sentivo in nervosa soggezione, poi provai ancora "E cosa mangi?", dissi incautamente con tono conversazionale.
"Melma e fanghiglia marina."
"E cosa fai nella vita, di bello?" domandai.
"Mangio."
Mi finsi interessato ma mi guardai intorno nella speranza di avvistare un passante o qualunque cosa potesse fornirmi una scusa per congedarmi. Tentennai un po' e senza pensare dissi: "Deve essere piuttosto scomodo vivere con un inquilino nello stomaco. Per giunta fastidioso!" e feci seguire una risatina affatto convincente.
"Intestino."
"Come?"
"Eustachio sta nell'intestino, non nello stomaco. E comunque non vorresti essere nei panni suoi."
Esitai. "E perché?"
"Ha l'ano sotto la bocca."
"Ah."
"E non ti ho detto da dove è che entra ed esce."
"No!" urlai. "Volevo dire... va bene così", e alla fine la domanda eruppe dalla mia bocca, incontrollabile, impossibile da trattenere. "Sei...Sei felice, di fare questa vita?" e attesi l'ondata di ingiurie e insulti che credevo ineluttabili, dopo una così totale mancanza di tatto.
Invece, seguì ancora quel teso silenzio in cui io, come esposto a raggi x, facevo la figura del babbeo davanti ad un'oloturia.
Disse solennemente "Tu saresti felice?".
E con minuscoli passi si girò e strisciò verso il mare aperto.
E' tutto il giorno che sono turbato. Non sopporto di passare per ignorante.
Menchemeno a colloquio con un cetriolo di mare.

1 commenti...:

Anonimo ha detto...

Bravo, molto divertente!