Il genio del cassonetto (lunga ma simpatica)

Strusciò quella lattina senza neppure rendersene conto.
D'improvviso, quale grande meraviglia, apparve dinnanzi i suoi occhi un genio potente e misterioso.
In realtà, si vide subito, il genio pareva più uscito da una pubblicità progresso, tanto erano lisi gli abiti che lo ricoprivano. Per scarpe portava le ciabattine d'ordinanza, quelle a punta, eleganti e consunte ma solo ad un piede, perché all'altro aveva una logora ciabatta da mare di plastica tenuta assieme con gli spilloni.
Il turbante era costituito da un vecchia tenda tarmata, che gli conferiva un'aspetto mesto e decrepito. Per il resto era un omaccione grasso e flaccido, calvo ma ringalluzzito da dei mustacchietti impertinenti.
Tossì un paio di volte emettendo arabeschi di polvere e si prodigò nell'inchino più elegante che si fosse mai visto. Dopo diverse manciate di secondi in cui da tale inchino non riemergeva, l'ignara spettatrice prese coraggio e disse nervosamente "Ti rigrazio molto per la gentilezza, ma ora puoi rialzarti. Sono una ragazza normale, non ci tengo a certe formalità"
"No, è che mi sono incastrato" chiocciò afflitto "potresti darmi una mano a tirarmi su?"
Dubbiosa e vagamente turbata, lo aiutò ad alzarsi.
"Ahi, ahiahi" faceva uno; "aspetti. No, segua me. Su, piano piano, un colpo secco, così." ribatteva paziente l'altra.
"Ah, ora va meglio, povera la mia schiena. Povera la mia schiena.Tutta questa umidità, e poi vivere sempre piegati dentro una lattina, un cartone o una bottiglia. E' la mia vera grande tragedia. Più grande della mia aerofagia. Lei non trova che l'aerofagia sia la vera piaga del mondo?"
Rimase interdetta, con una divertente espressione di incertezza sul viso. "Ma credevo che i geni vivessero nelle lampade tempestate di gemme!"
"Ah, figlia mia. Ah figlia mia" e si mise a piangere di colpo, soffiandosi il naso fragorosamente sulla manica aerosa ma anche un po' lercia. La ragazza, che aveva allungato la mano porgendo il suo fazzoletto, di colpo la ritrasse, mentre quello era ancora accecato dalle lacrime copiose.
"Scusi, ma lei è un genio?"
L'altro ebbe un impeto di maestà "Ma si capisce, che lo sono!" esclamò rizzandosi. Mormorò qualcosa e si passo la mano sulla schiena dolorante.
"E' che non tutti i geni sono uguali, graziosa signora, ed io," imbronciò impercettibilmente la bocca gigantesca "bè, io sono un po' diverso dagli altri " e s'aprì in un sorrisone in cui filari di denti enormi da ippopotamo gialleggiavano ordinati.
La poverina portò d'impulso la mano sulla bocca per l'improvvisa zaffata.
"Ah, si, lo so, ma non devi dispiacerti per me. Vedi, io sono un genio del cassonetto. E in qualcosa che sta nel medesimo, vivo. In questo caso, una lattina. Ma poteva essere una boccetta di shampoo, o la tasca d'una vecchia palandrana. Se un fortunato mortale sfiora ciò in cui, per quel brevissimo periodo, ho deciso di dimorare, allora di colpo compaio e tre desideri io, per costui, esaudirò."
"Come da minimo sindacale" aggiunse a dita giunte, con fare professionale.
"Che meraviglia!" esclamò entusiasta "Voglio proprio provarmici!"
"Io vorrei essere ricca sfondata. Due, avere un uomo fighissimo e intelligentissimo che mi adora la cui più grande aspirazione è rientrare a casa la sera per farmi il massaggio ai piedi. E tre - massì che ci sta tutto - la pace nel mond..."
"Mannò, mannò, mannò!" piagnucolò il genio del cassonetto. "Ma mica sono onnipotente! Se lo fossi, mia bella signora, non vivrei mica qua " scoccò un'occhiataccia alla piramide di immondizia "dentro questo squallido ciarpame" concluse.
"Ok, allora cosa posso desiderare?"
"Ma cose più modeste, più pratiche, è evidente. Per la pace nel mondo poi, oh oh!!" ridacchiò a tanta ingenuità, "per quella ci vuole un miracolo. Prega il tuo dio, mia bella signora, io sono solo un genio."
"E di quelli del discount, oltretutto" fece lei stizzosa, ma il genio non parve capire.
"Ok, allora voglio una casa al mare che la Reggia di Caserta in confronto sembra il cesso della stazione Termin..."
"Mannò, mannò!" squittì il genio portando le dita sui labbroni da pornodiva." Hai idea di quanto ci vuole per le autorizzazioni, le mazzette ai verdi, le mancette agli assessori? Così non va. Ci vuole qualcosa di meno ostentato." e poi, con voce flautata e suadente "sii meno avida, mia signora."
La ragazza sbuffò rumorosamente e fece "Allora vorrei essere la donna più bella del mondo, la ragione dei sospiri di tutti gli uomini - e pure qualche donna -, colei per la quale brilla il sole, come Nefertiti, insomma una topa che Elena di Troia in confronto è un viados sulla tangenzia..."
"Mannò, mannò" fu ancora la nervosa e balbettante risposta del genio "Ma mia signora, sei già ammaliatrice come la gemma di luna" allungò quella luuuuna e la accentuò con movimenti a voluta delle grosse mani. "Cosa ne diresti di un paio d'ore in un centro fitness e fanghi? Ho letto che fanno miracoli, sulla celluli..." ma stavolta fu il genio ad essere interrotto.
"Pezzente e pure sgarbato!" urlò indignata l'altra. "E comunque è solo rotondità, mica cellulite." aggiunse scura scura in viso, la voce strozzata.
"Vabè, allora vediamo di non perdere tempo. Dimmi cosa posso desiderare."
"E' ciò che desideri, mia signora?"
"Bè, si", balbettò l'altra poco convinta.
"Allora sia esaudito il tuo primo desiderio!" Da uno sbuffo fitto di fumo azzurro guizzò nei palmi del genio un grosso gobbo a manovella, che tra stridori di macinino, rollava un pannello su cui erano scritte parole in lenta successione: acquario, televisore, stereo, lavastoviglie e così via.
"Ma come?!" berciò inviperita la ragazza "questo non era il mio primo desiderio. Mi hai fregato!"
"Mia padrona, non è forse vero che mi hai chiesto ciò che potresti desiderare?" disse il genio, piuttosto sorpreso.
"Bè, si, ma non vedo come..."
"E non è forse vero che t'ho chiesto se era un tuo desiderio e tu hai annuito?"
Ponderò qualche secondo imbronciata, ma dovette convenire che il ribaldo aveva ragione.
"Ok, ora fa' sparire tutta questa paccottiglia. Non era certamente ciò che intendevo" fece con afflitta noncuranza.
"Come la mia signora desidera, acconsento al suo desiderio."
La poverina non potè protestare neppure questa volta perchè le sue rimostranze furono soverchiate dal frastuono del trabiccolo che tra stridii strazianti e lamentosi si accartocciava, riducendosi ad una palla di carta e metallo che infine implose con uno sbuffo azzurrognolo. E finalmente fu silenzio.
Il genio con un sorriso galeotto ortopanoramico attendeva a braccia conserte, mentre la ragazza era semplicemente furente, le guance sanguigne e gli occhi iniettati di sangue.
"Scommetto che mi sono giocata un altro desiderio" insinuò all'acido prussico.
"Così è, mia padrona".
La ragazza portò pimice e pomice sulle labbra, e studiò l'altro in modo preoccupante.
Poi, con voce flautata e temibile mormorò "Sai cosa desidero? E apri bene le orecchie, perché è il mio ultimo desiderio."
Il genio rise nervoso alla sinistra minaccia che serpeggiava nelle sue parole "tutto quello che la mia - hem - gentile signora desidera."
"Io voglio, pretendo e comando che tu diventi un barbone vero, senza poteri e senza questa buffonata del genio. Tanto non noteresti neppure la differenza, sudicio panteganone. Neppure la mensa parrocchiale vorrà darti da mangiare."
Avrebbe voluto berciare queste parole, invece disse "Voglio che diventi un genio di quelli da fiaba, bello, intelligente, misterioso, col sorriso malandrino, potente e veggente e col turbante imbrilloccato. E la tua magione sarà una lampada d'oro con un rubino per beccuccio."
"Come la mia buona padrona desidera!" Ruggì il genio impetuoso, avviluppato da fumi densi dalle sfumature cobalto. La terra tremò per qualche secondo e tutto, genio e fumi, finirono risucchiati nella lattina di pogacola che si gonfiava come un rospo e borbogliava come stesse fondendo. Trasformatasi che fu in una splendida lampada, la ragazza la raccolse che era ancora calda, e se la portò a casa.
Si sposarano dopo poco ed ebbero bambini genietti tranne uno che era un po' zappa in matematica, ma nel complesso vissero sufficientemente felici e contenti.
Fine.

2 commenti...:

Anonimo ha detto...

Ma dopo il terzo desiderio, il genio sarebbe dovuto tornare nella sua (nuova) dimora; quindi come hanno fatto a sposarsi?
E poi penso sia abbastanza complicato concepire attraverso una lampada...
G.

aWilito ha detto...

Si sono sposati perché era il terzo desiderio (un po' intimo e insinuato) della ragazza, soro.
E poi che ne sai? L'hai mai fatto dentro una lampada?
E allora silenzio :P