Ieri sera, la casa che muta

La casa che muta è detta così perché ama cambiare: si rannicchia negli angoli se ti serve una parete per la libreria e si fa lunga e stretta se hai bisogno di un angolo dove piazzare la credenza.
Ieri c'era in programma una festa con tanto nardò, peschici e terlizzi. Già dalla mattina, la casa che muta fremeva di nervosismo. Per dirne una, i pavimenti non c'era modo di tenerli puliti: passato lo straccio, macchie fetenti e scure come torba riemergevano sulle candide mattonelle e per quanto ungessi e grattassi quelle tornavano. Come la personale orticaria della casa, o un modo per puntare i piedi e frignare.
All'ora di pranzo, avutola doma, la casa aveva cambiato tecnica, per mostrare il proprio disappunto. Ha preso ad allungarsi e frammentarsi, s'è riempita di spigoli, deviazioni inutili, gomiti e scalette semiabusive. Mai una volta un bell'arco rampante o un mosaico antico. E così, per la sera, quando i miei amici - noti per le notevoli capacità mandibolari -
s'erano finalmente riuniti alla porta, la situazione era così disastrosa che ho dovuto fare da cicerone, tra antri e meandri.
Ma non mi lamento: in buona sostanza la serata è filata liscia. Appena un po' d'attrito quando ho invitato gli ospiti in terrazza e mi sono accorto che anche quella era diversa: era molto meno larga e molto meno lunga di quanto era stata solo poche prima.
Infame, mi dissi.
I miei amici, onesti come Dio non ne fa più, stavano già scarnificando la carcassa d'un povero tavolo addobbato a festa e inghirlandato di robusti formaggi di grotta, e mieli preziosi, pervaso da afrori di pane e legna, ingioiellato in delicate madreperle di prosciutti di praga, e coperto di squame di vigorose soppressate di Calabria. Non  notarono neanche gli screzi con la casa.
Anche perché, presto, la casa che muta si intenerì, e posso dire anche quando. E' stato in occasione degli spumanti: non si brindò a me, né a più prosaiche ambizioni. I calici, traboccanti di bollicine, hanno tintinnato alla nuova casa, alla sua bellezza, alla sua posizione, alla sua novità. Magari non era neppure tanto bella, ma era il suo momento, la sua piccola dose di venerazione. Così finalmente ubriaca anche lei si rilassò e, di colpo, si entrava tutti nel piccolo salotto. E sul divano - lo stesso che poco prima accoglieva a mala pena due borse ed una giacca - ora cinque persone avevano trovato generoso sostegno.
Passata abbondantemente la mezzanotte, dopo il commiato, la casa sembrava curiosamente sgonfia e floscia come un palloncino. Mi ricordava quei signori che liberano l'ultimo bottone dei pantaloni dopo una cena luculliana. Ma era contenta, si vedeva. E anche io ero contento.
E insieme, spossati come guerrieri, ci godevamo una sensazione mai provata prima: quella in cui tutte le persone cui voglio - e fortissimamente - bene hanno finalmente sloggiato.
Che pace.

3 commenti...:

Anonimo ha detto...

hai talento, ragazzo..
c.

aWilito ha detto...

grazie :)

aW

Anonimo ha detto...

Sei proprio tu... =:C)