Il popolo dei paguri di nebbia

Non ne ho mai parlato. Non so perché non ne ho mai parlato.
Però so che esiste un popolo come non immagineresti. Sono come noi, per lo più, anche se non sono facili da capire ed il loro mare è anch'esso diverso dai nostri. Ci si galleggia, con l'opportuno barchereccio, questo si, ma non è un mare grattato da venti poderosi. Anzi, probabilmente esiste proprio in virtù dell'eterna bonaccia che lo sovrasta.
Queste genti di cui parlo, però, non sono i pescatori, ma il pescato. Vivono infatti sul fondale di questo mare - che è un mare di nebbia- su una piana irta di ripetizione e ciclicità che scambiano spesso per paesaggio tipico, e lì conducono un'esistenza affatto dissimile dalla nostra. Persino piacevole e sensata, talvolta. Migliore di molti di noi popoli dell'aria.
Il problema è altrove, però.
Il problema è che a noi di quassu non sembra di respirare là sotto. E quelli di là sotto si spaventano a vedere i baleni ed a sentire il tumulto delle cose e delle persone di qui, che non sono affatto attutite e ottuse dalla nebbia, e che quindi gli devono apparire sempre eccessivamente sonore o esageratamente vive o inconcepibilmente esasperate. Insomma, un imprevedibile incontrollabile caos. E la bonheur, in un simile frangente, ci mette poco a rammentare gli scatti della pazzia, questo è certo.
Ma non siamo pazzi, quassù. Ci adattiamo semplicemente al clima e a ciò che ci preesiste. E ci assecondiamo. E cerchiamo un po' di fregarci l'un l'altro ma alla fine, per la legge della bicicletta di Pisa, tutto va come deve andare. E ora scusami, ma ti lascio ai tuoi mille dubbi perché ho da fare: l'innaffiatoio trabocca quasi, e mi aspetta un compito grato ma faticoso.
Ci devo innaffiare il cielo che oggi è un po' troppo riarso.

1 commenti...:

Anonimo ha detto...

acc. ermetico è dire poco! comunque mi inquieta un po' ...spero tutto ok!!!! smack