I Tenadi

I Tenadi vivevano sul mare, del mare. Ogni anno, sebbene non avessero un calendario, riuscivano a riconoscere con precisione la vigilia della stagione delle piogge. Il saggio guaritore detto Iket, cioè colui che dissimula, lo ravvedeva dal comportamento degli squali. Essi si facevano sempre più affamati, più irrequeti, prima di quella stagione, e ciò era evidente a giudicare dalle profonde ferite che erano state inferte ad una gran parte dei pesci ghermiti dalle reti.
Ancora una volta fu loro concesso di portare a termine il rito della placazione, con cui dimostravano il coraggio della propria gente, e rinnovavano la non belligeranza cogli dei.
Come comandava la tradizione da tempo immemorabile, anche quella volta un giovane, scelto tra gli audaci, si legò  brandelli di rete ai polsi e si tuffò dalla rupe propizia.
Il suo compito era di catturare uno squalo per mezzo d'una corda annodata rischiando la vita, perché il sangue si paga col sangue.
Una volta domatolo, gli urlò contro queste esatte parole "Tena! Ho sottomesso un tuo squalo ma non lo ucciderò. Che questo suggelli ancora il patto antico! Fa che gli squali non varchino il territorio degli uomini!"
E, slegandolo, aggiunse " Và, e porta questo messaggio al tuo padrone".
Quella sera, ancora una volta, le corone di fiori e le foglie multiformi intrecciate dalle donne furono indossate mentre si festeggiava, con cibi buoni e racconti, il sodalizio tra uomini e dei.

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