Il Diavolo e Isshìn

Isshìn quella notte ebbe il più terribile degli incubi.
Al Jahar, il diavolo della pazzia, che è anche il padre dell'intuizione, gli apparve in sogno e gli parlò.
Avvolto nelle spire di fumi multicolore, egli stesso apparentemente fatto della stessa sostanza, gli colò nel cuore come fa un fiotto d'acqua che precipita, o un serpente infido e affascinante.
Isshin fu colto da un terrore improvviso e lucido, perché ben sapeva quanto gli sarebbe costata quella apparizione, così tentò, disperato, gli occhi sgranati, di fuggire.
Corse infinite leghe di terre e nuotò per altrettante miglia di mare, ma mai potè seminare Al Jahar che, imperturbabile nel volto e nell'intenzione, lo seguiva insistente come una seconda, perniciosa ombra; Alla fine, meravigliato e nolente, dovette fermarsi e assecondare il diavolo.
Indietreggiando lentamente, gli urlò contro "Ti prego, non farmi male! Non ho più né moglie né figli. La morte li ha presi, e sono solo. Non mi resta più niente!".
Al Jahar, indecifrabile, scrutò l'uomo attraverso le lingue di fumo che gli guizzavano tutt'intorno.
Disperato Isshin disse ancora " Non posso fuggirti, dimmi almeno cosa pretendi da me!" e tacque, sentendo la rassegnazione risalirgli l'animo.
Finalmente l'altro parlò "Non puoi fuggirmi" ripetè semplicemente, con tono piatto eppure tanto inaspettatamente seducente.
"Ho percorso tutti i mari e tutte le terre che ho potuto trovare, eppure tu ci sei, qui e ora. Perché?" la voce gli si faceva più ferma, il respiro meno affannoso.
"Ciò accade perché hai raggiunto i confini del Mondo".
"Ma oltre queste terre seguono altre terre e dietro quelle montagne, altre montagne", indicò con l'indice, che ora non tremava più di paura, la corona di montagne insanguinate dal sole calante.
"E' perché i confini non sono in queste terre e in questi mari, ma dentro di te".
L'uomo, con voce affatto esitante e sguardo pungente incalzò:
"Io credo che se Allah (gloria a lui, l'Altissimo!) ti ha mandato a me, avrà i suoi motivi. Lo accetto come quando appresi della morte di mia moglie e dei miei figli".
La voce restò ferma ma un serpente di dolore e rimorso gli si annodò nel ventre. Si domandò se Al Jahar non sapesse leggere nella mente, ma era impossibile stabilirlo: i fumi vorticosi rendevano necessaria l'astensione da qualsiasi, improprio giudizio. Anzi, trovava tutto quel movimento piuttosto fastidioso.
Parlò ancora Al Jahar " Io non sono stato inviato da Allah. Vengo per altre ragioni."
"Insinui forse che esisti al di fuori dell'infinita e onnipotente grazia di Allah (sia imperitura la Sua gloria)? Che decidi al di fuori del Suo consiglio?" fece incredulo.
Il diavolo divenne un'unica spira di fumo che si riversò alla sinistra dell'uomo, con la consistenza e l'eleganza del te versato. Lì, una volta riformatosi, disse "Se Allah è onnipotente come dici, come può qualcosa esistere senza l'esplicito suo consenso?".
L'uomo prese fiato per parlare ma rimase visibilmente interdetto. Il vorticare del fumo inoltre lo disturbava vagamente e gli instillava un ipnotico torpore.
"Eppure", riprese il diavolo seguendo evidentemente i fili del suo piano, "la spiegazione della mia venuta è possibile. Tutto è possibile spiegare, anche le verità del Mondo e le storie degli uomini. Il volere stesso di Allah è un progetto che è possibile dirimere".
L'uomo aveva gli occhi ridotti a fessure per la diffidenza e, forse, per la stanchezza. Poi il diavolo aggiunse "Anche la morte di tua moglie e dei tuoi figli rientra in tali progetti".
L'espressione di Isshin si congelò. All'interno del suo cuore era in atto una lotta titanica, quella del libero arbitrio. Poteva sul serio quel diavolo spiegare tutto, anche la Morte? Rivide i volti tanto amati e tanto sofferenti strappati all'esistenza, ebbe quasi l'impressione di stringerne ancora le mani, ma svanirono come il fumo che ghermiva Al Jahar. Davanti se stesso non poteva nascondere il fatto che più volte aveva pensato al suicidio, in seguito a quegli eventi.
La bottega, la sua bottega di tappeti, un tempo la più invidiata del Bazar, era oramai sfornita da tempo. Pochi cenci e mal fatti, poco più che stracci.
Ecco cos'era diventato: uno straccivendolo, un miserabile. E anche uno che non aveva niente da perdere, nemmeno la coscienza.
Disse "Cosa vuoi che faccia?"
"L'ultimo tappeto" fu la risposta.
Drogato dai fumi l'uomo vacillò per un attimo, per poi riprendersi, scrollarsi la testa e scrutare ancora quegli occhi imponderabili e potenti, unici punti fermi nel volto mutevole di Al Jahar.
"Che trama vuoi che abbia?"
Gli sembrò che i fiotti di fumo si fossero mossi più disordinati: era la sorpresa? Oppure l'eccitazione?
"La trama del Mondo intero. Tutto, vi riporterai. Passione e morte, genìa e finzione, desiderio e dimenticanza. Sopra ci saranno tutte le parole del mondo e tutte quelle che gli uomini non hanno mai proferito, né diranno mai, in tutte le possibile varianti. Vi riporterai tutte le azioni e tutte le infinite omissioni degli uomini. Intesserai ciò che è dovuto a ciò che è potuto, che poi è la stessa cosa."
"Non temi che chiunque possa abusare delle inestimabili nozioni che ne trarrà? E cosa ne sarà di me? Diverrò pazzo, vero?" fece Isshin tranquillo, lievemente biascicante, come sotto l'effetto del vino d'Alicarnasso, il più traditore.
"Isshin", la voce del diavolo, prima piuttosto atona, ora sembrava d'improvviso colorata, meno artificiale. "L'intero mondo non è che una costruzione di menzogne. La vita stessa degli uomini, le loro regole, le gerarchie cesserebbero d'esistere nell'esatto istante in cui tutti perseguissero la verità. Gran parte di ciò che vedi e ami, e quasi tutto quello in cui credi, è un'illusione che sembra solida solo perché le bugie si sedimentano come rocce millenarie, strato su strato, finzione dopo finzione. E tali rocce gigantesche, erette a monumenti dell'umana coscienza, sono tanto imponenti quanto fragili; prova ne sia che spesso aghi sottilissimi di verità producono in esse fratture e detriti e terremoti mille e mille volte più terribili delle bugie che le hanno generate."
La voce di Al Jahar tornò piatta e assente, vagamente noncurante "Ecco cosa sarà per la gente quel tappeto: un nuovo, menzognero mito. E dopotutto un portolano non è che una pergamena, fintanto che non vi sia alcuno in grado di seguirne le indicazioni."
Il diavolo incalzò "Lo farai, Isshin?".
La testa gli girava forte, le orecchie gli fischiavano e avvertiva solo il desiderio di gettarsi a terra, nella vana speranza che ciò bastasse a placare il vortice che ora si era impossessato anche di lui.
Avrebbe fatto qualunque cosa perché quel tormento fosse cessato, così, quando Al Jahar gli chiese ancora, imperioso " lo farai, Isshin?" egli rispose con un esanime, arrendevole si.
Svegliatosi di soprassalto, madido d'un sudore scuro, sanguigno, che gli infradiciava le vesti, si sollevò da quello che sentiva come un sudario e si mise ad un lavoro tanto febbrile quanto incontrollabile.
Per quella notte, e solo quella, comprendeva semplicemente tutto. Conosceva i segreti più impervi e le banalità più quotidiane, tutte contemporaneamente e nessuna migliore o peggiore dell'altra. Rideva sguaiato e feroce, tenendo gli occhi - le cui palpebre non si chiusero mai più - fissi sulla spola che guizzava come i serpenti di fumo del diavolo, da parte a parte, rapidissima, attraverso gli orditi del tappeto, che erano anche i destini degli uomini e molto altro.
All'alba del giorno che seguiva, la prima luce del mattino che filtrava dalla finestra ancora sbarrata scoprì un uomo dagli occhi lattiginosi e ciechi, scosso da un tremore inquietante, un rigolo di saliva sul lato della bocca ed un ghigno grottesco a deformargli il viso, seduto di fronte un tappeto piuttosto intricato ma non particolarmente bello.
Isshin rimase per sempre in quelle biasimevoli condizioni, quanto meno per il poco che gli rimase da vivere.
Aveva visto e riprodotto l'interezza dei progetti divini, aveva tentato di contenere nel cuore e nella mente, entità discrete, l'insostenibile mole dei pensieri di Allah ed aveva peccato dell'arrendevolezza alla conoscenza.
Il tappeto è tutt'ora esistente, conservato nella baracca d'un Kurdo di Turchia, usato a mo' di straccio, sotto pile di pentole di latta incrostata.
Neppure l'interezza della comprensione divina è utile all'uomo che vive fuori dai precetti di Allah.
Sia sempre gloria all'Altissimo.

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