Un biglietto aereo.
Non ce l'ho ancora neppure in mano, ma sono già là con l'anima, a barcamenarmi tra conversazioni grottesche fatte di gesti ed il loro inglese ingobbito, ad evitare i rami della mangrovie con la jeep, a ripararmi dalla canicola infernale sotto una palma, magari attaccato avidamente ad una birra gelata, mentre contemplo le stranezze di quella gente e ripenso con nostalgia alle nostre, ma anche no.
Una mappa sporca di terra e riso, appallottolata da qualche parte, gli odori di una cucina dolciastra e sofisticata, il languido far niente di un'isola che a chiamarla isola si fa peccato: semmai, sono due sputi di terra imboscata collegati da una striscia di sabbia bianca tra acque turchesi.
E poi il trambusto, il traffico scomposto, le luci e le urla, l'alternanza di hotel extralusso con troia in camera e le case dei poveracci, la grandissima dignità che pervade ogni cosa, l'industria e l'operosità di chi si ritaglia un pezzo di futuro tirando su muri e impastando la malta.
E c'è ancora tutto da organizzare, il calendario da discutere e scomporre e ricomporre, le decisioni da prendere, gli altri voli da cercare, e le creme solari da ordinare, e mangia tanta frutta e ricordati il bifidus (a chi lascerò i miei bifidi activi?) e il lavoro mi scorre sulle dita come aria. Non ho voglia di fare niente, solo di almanaccare ancora un po'.
E il biglietto aereo, quello non ce l'ho ancora neppure in mano.
Le ellissi della partenza
10mag2010 Così parlò aWilito alle 10:58 Tags delirio, personali, viaggi, vita vissuta
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2 commenti...:
Tesò, i bifidi lasciali a me.
Eh, magari! Invece mi sa che mi toccherà lasciarli ai miei. Non mi fido dei vicini di casa Giu e Li ;)
Oggi pom cmq il saldo del volo per Bangkok :)
aW
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