Prestatemi orecchio e non lasciatevi ingannare, o ignari viandanti, ché sebbene dal nome sembri un posto dei nostri, è in realtà un luogo magico e remoto, che il caso ha voluto nomare come un cesso di posto nella provincia di Roma. Ma è pura coincidenza, eh.
La lontana terra di Monterotondoscalo è irraggiungibile per gran parte di noi, e solo alcuni conoscono il segreto per toccarne le rocce ed annusarne gli afrori. Anche se di solito nessuno vuole raggiungerla. Là, infatti, il cielo addensa sempre nuvole grosse come montagne e dense come pece, e dal loro scontro non cade pioggia, bensì tegole, bottiglie e pianoforti a coda: per un'altra incredibile coincidenza linguistica, queste anomale gocce di pioggia sono meglio conosciute dalla gente del posto come accidenti. Da lì il detto non uscire ché piove e ti prendi un accidenti, oppure l'imprecazione che ti prenda un accidenti. Da noi al massimo ci viene l'influenza, là ti casca un cornicione sulla noce del capocollo.
Solo stamattina, per dirne una, un tizio è uscito senza cappello proprio mentre il cielo tuonava e lampeggiava minaccioso. Non aveva lasciato l'uscio di casa da neppure un minuto, che il ritratto della moglie gli è piovuto addosso tagliandogli di netto il collo come un trinciapollo. Ora la vedova è a Tobago a consolarsi, ché c'è pure un clima migliore.
Per una impalpabile ed inspiegabile distorsione dello spaziotempo, talvolta accade che uno di quegli accidenti caschi di sghimbescio su di noi, e ci colpisca in pieno, come l'incudine da centiventidue kili che m'ha tramortito ieri. Fateci caso, se assistete ad uno di questi balzani fenomeni: si vede proprio cadere l'accidenti da altezze vertiginose e colpire. E se godete di vista buona, si può notare persino l'istante dell'impatto.
Oltretutto, non accade neppure tanto di rado.
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