Stamane, dovevano essere le dieci o giù di lì, ho aperto un occhietto incerto, destato dagli ululati del vento. I vasi, mi ripetevo, dovrei spostare i vasi dal davanzale in terrazza, altrimenti cadono e spaccano la testa a quel ciccione borioso di sotto, quello che ha sempre un albero da potare con la motosega all'alba di ogni festa comandata.
E resto a letto.
Quello che non parla, abbaia, e la moglie non risponde, modula ultrasuoni. Quello che mi ha fiaccato i marroni tutta l'estate scorsa con la storia del cancello, che se non lo chiudi entrano i genti, che poi arrubbano, che non ci dormivo la notte per l'ansia che qualcuno l'avesse lasciato aperto, 'sto merdosissimo cancello.
E resto a letto.
Quello che, unico ad avere il giardino, alla riunione di condominio ha proposto e ottenuto di dividere le spese dell'acqua per il numero d'appartamenti e non per i millesimi, gli abitanti della casa o il numero di vasche da bagno possedute. E così, noi che siamo in due e abbiamo un mandarino nano tisico che innaffio una volta al mese paghiamo come se gestissimo una piscina olimpionica, mentre lui che c'ha il giardino col fossato, i coccodrilli e la riproduzione della fontana di Trevi in scala 1:1 risparmia un sacco di soldi l'anno.
E resto a letto.
Quello che... oh, bè. Chè poi mi tocca ricomprare la pianta del basilico e oggi dovevo fare il pesto.
E mi sono finalmente alzato.
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