Oggi mi sono deciso e ho svasato il mandarino nano. Ultimamente era sempre giallino, pallido e un po' tisico: non aveva quasi più niente della baldanza e gagliardia del giorno dell'insediamento ufficiale nel terrazzo della Casa che muta.
L'ho tirato fuori delicatamente, gli ho fatto il solletico alle radici, gli ho rimboccato l'humus e l'ho incastonato in un vaso gigante a sua volta assiso su uno scranno di legno, così che potesse tendere alla luce del sole tutti i rami fino all'ultimo germoglietto.
Domani comincio il ciclo di massaggio delle foglie e, nel mentre, tenterò di convincerlo a praticare la prima sessione di zazen per ritrovare la linfa di una volta. La verità è che non so come prenderlo, e farei di tutto per vederlo robusto e florido.
Come tutti gli altri abitanti della Casa che muta, d'altro canto.
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