Il mandarino nano serial killer

Scusa, ma non posso parlare più forte di così, non posso proprio. Sarebbe un guaio.
Devi sapere che il mio, dapprincipio, era un terrazzo tranquillo, addirittura noioso. Un riottoso arbusto di rosmarino, un ciuffo di prezzemolo e qualche varietà di peperoncini, tra cui un tisico habanero.
Potevo parlare, sproloquiare, e persino bestemmiare senza che una foglia tremasse. Potevo lamentarmi e nessuno avrebbe avuto da ridire nulla.
Ma ora no, non più, ora succedono cose. Non posso urlare, non mi chiedere di andare avanti.
Ora c'è lui, il mandarino nano. Gagliardo e rigoglioso, virile ed aggraziato, carico di piccole granate verdi e arancioni, robusto e dal solidissimo vaso. Ma è pazzo, te lo dico io, è pazzo.
Ieri sera deve avermi sentito che parlavo male del vicino al piano terra, il maledetto, che non potevo sopportare i suoi improperi immotivati, le richieste assillanti ed i continui, alterni alterchi. Sono certo che sia andata così. Ora che ci penso, ieri vibrava di una forza simile all'atto di potenza, o alla volontà. Può una pianta avere volontà? Che dio ci salvi, se è così.
E mentre dicevo di quello di sotto, e quanto è cafone, e quanto è ignorante, e perché rompe le palle solo a me, succede il fatto. Il misfatto.
L'ho visto, l'ha fatto apposta, non posso sbagliarmi. Lo so.
Ha fatto un passo, ha strizzato l'occhietto pernicioso e s'è buttato di sotto, proprio quando quello stava entrando a casa.
Nessuno s'è fatto niente, e per precauzione ho disposto ai legacci forzati sul pavimento tutte le piante.
Non posso correre ancora il rischio che qualcosa accada ancora. Non più, per lo meno.
Ma ho paura di quel che potrebbe fare ancora, il mio mandarino nano serial killer. L'orrore, l'orrore, l'orrore.

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