La gita in montagna

I simpatici simbionti oggi fanno una gita in montagna, tanto per dire pure loro di aver fatto una vacanza, ma questo ha portato più sconquasso geografico che altro.
A causa della loro spregiudicata e malaccorta decisione, gli Appennini si sono ammonticchiati tutti sul Colle di Cadibona, a Ostia sono cadute slavine di neve (che i romani hanno usato per la grattachecca) e il Cervino, per la fretta di raggiungerli per primo, è caduto e s'è sbucciato mille e cinquecento metri di cima.
Vaglielo a spiegare, a quei monti lì, che prima o poi verranno anche da loro.

Il patto del diavolo

Questo personaggio è un signorotto di paese di quelli che il tempo, invece di ingobbirli, li fa più intensi e volitivi; possiede un piccolo stabilimento di torrefazione del caffè nei pressi di Patù, e da ieri notte non è più lo stesso. Ha trovato, nascosto sotto un cassetto, una vecchia lettera che un certo Tuo Riccardo aveva inviato decenni prima alla moglie, invocata fino a ieri come una santa. Nella lettera, l'uomo si dilunga su quando lei gli raccontava dolcissime storie tra i chicchi di caffè, con il terrore che qualcuno potesse scoprirli. E in particolare, rammenta quella del romanziere senza più ispirazione che si era affidato al diavolo per dare nuova linfa ai propri romanzi, incongruenti talee di parole rimaste incompiute per anni. 

Il diavolo, in cambio dell'anima come da minimo sindacale, aveva risvegliato nel cuore dell'uomo il seme del divenire semplicemente sussurrandogli all'orecchio io e te siamo il racconto di una donna che è essa stessa un racconto, perché neppure lei esiste. Ed è un destino grandioso, più di ogni altra cosa, benché si esaurisca con queste nostre stesse parole.

Il milajuveromanista (o italiano medio)

Prima di avere pervicaci opinioni e asfissiantissime convinzioni, forse il milajuveromanista dovrebbe imparare l'italiano, un po' di sintassi, quel tanto di consecutio che basta, e qualche verbo nuovo, così, tanto per rinverdire il proprio desolante patrimonio linguistico.

Il medico consiglia: un po' di giornale almeno cinque volte la settimana (la Gazzetta dello Sport non vale), un po' di informazione alternativa su Internet (no, neppure gazzetta.it vale) e un paio di libri l'anno (letteratura, non l'ultimo di Vespa o Tutto Lupo Alberto). In alternativa, va bene anche un po' di Settimana Enigmista, che visto l'andazzo meglio questo che niente.
Infine, per i recidivi che insistono a usare le maiuscole impropriamente (Uomo, Fede, Titolare, Capitano), e per quelli che a quarantasei anni non hanno ancora compreso al differenza tra accento e apostrofo (sta' settimana, e'), suggerirei l'insediamento coatto in seconda elementare dove saranno presi per il culo dai figli e dagli amici dei figli che sanno già scrivere soqquadro con due q.
Infine, è piuttosto fastidioso sentire una di queste curiose creature inveire con stolti riferendosi ad altri branchi della loro stessa specie. Soprattutto quando nella stessa proposizione poi scrivono cose tipo che il suo gesto sia da insegnamento ad atri campioni con un cuore, che tenghino di più alla maglia e agli amici e non al business (commento realmente esistente).
Basta, basta, basta.

Questo non è un titolo

E questo non è un post

Yssan

La Gora della Nebbia Eterna è anche chiamata Yssan, che in lingua Eva significa là dove si nasconde il sole. Il riferimento è ad una antica leggenda secondo cui il dio delle anime ha dovuto creare un luogo per contenerle dopo che queste l'avevano querelato a causa della disparità di trattamento ricevuta. Infatti, la divinità gemella che aveva conferito i vivi in un mondo di luce e fuoco aveva dimenticato di creare un giusto collocamento per le povere anime.

Oggi, a causa di un cambio nell'iperuraneo piano regolatore, casa mia è stata spostata d'ufficio fuori da Yssan, nella terra del calore. 
E così, dopo quattro mesi di umide nebbie eterne, ho rivisto finalmente il sole.

Gli acciacchi della Casa che Muta

La Casa che Muta è molto malata: non ha retto ai quattro mesi di piogge ininterrotte e ora ha le ossa marce, soccombe alla muffa e cede all'umidità. E noi con lei.

La scala all'entrata la chiamiamo simpaticamente cantina, visto che nel tempo è diventata l'ambiente ideale per briofiti, rospi stagnoni e i funghi champignon. Nelle giornate buone l'acqua gronda dalle pareti e scende in rivoli sullo specchio; in quelle cattive, non si vede la maniglia della porta a causa dei banchi di nebbia.
Da oggi e per una settimana sarà in terapia intensiva, con vitamine di polistirene estruso, proteine di vernice traspirante antimuffa e tante preghiere ai Lari e ai Penati, che dato lo scarso successo del paganesimo ai giorni nostri, magari due minuti per cagarci li trovano.
Non è neppure per le inevitabili seccature. E' proprio che mi fa tristezza, vedere la Casa che Muta tanto malandata.

La vacanza perduta

Da qualche parte, ne sono certo, deve essere finita la mia vacanza, quella cui agogno da mesi e che di settimana in settimana disattende ogni mia sempre più flebile speranza. Oramai, i sabati debbo trascinarli con la carriola e le domeniche le tiro coi denti.

Le giornate si sono fatte tanto dense che al finesettimana ringrazio per l'arrivo del lunedì, così ho la scusa di lavorare e di non potermi dedicare ad altro, mentre al venerdì scongiuro ciclicamente qualunque divinità mi capiti a tiro che mi porti un poco (ma poca) di tranquillità.
Ora perdonatemi, torno a cercare la vacanza perduta: ho ragione di ritenere che sia nascosta nella pagliuzza del tetto del bungalow della foto di Playa del Carmen di chissà che depliant.
Non riuscirò mai a stanarla, mi sa.

L'elettricista circense

L'elettricista circense mastica un po' i fili per sentire se ci passa la duevventi, poi, ancora umidicci di saliva e sprizzanti irregolari scintille, li riattacca con un po' di ciuingomma, qualche imprecazione e un po' di nastro isolante. Ma poco.

Per fare al volo l'impianto elettrico, ha legato otto fili ad altrettanti criceti, poi li ha fatti correre su e giù nelle canaline come indemoniati. Per convincerli, gli ha attaccato la duevventi in culo, e poi vedi come schizzano, quei piccoli bastardi.
Per provare se la cappa funzionasse, l'ha smontata a mani nude e ha trafficato un po' con le sue frattaglie di fili e circuiti. Ovviamente, la corrente era attaccata: ma scusa, mi fa, i cowboy mica spengono le vacche, prima di mungerle, maremma maiala.
Ma manco a dirlo, la cappa non funziona, così tira qualche altro porcoqualcuno, spara uno scaracchio e controlla ancora che ci sia corrente. Questa volta si umetta due dita e poi sfiora un filo a vista: sì, fa fumo. Forse morrà, mi dico, ma la corrente c'è.
Mentre mi stacco controvoglia dall'interruttore principale - ho ottimi motivi di ritenere che il salvavita l'abbia montato lui - lo saluto mentre mi rimanda a lunedì, quando tornerà con una cappa funzionante.
Temo quel giorno, ma ci sarò.

La lampada a forma di lampada

Le lampade che ho simmetricamente (e banalmente) disposto su miei due comodini sono bellissime. Semplici, aggraziate, lineari, né troppo tozze né troppo sottili, né troppo moderne né troppo antiquate: sono monadi di lampada, lampade a forma di lampada. Pare strano, ma ci ho messo mesi, forse anni a trovarle: le lampade, di solito, hanno la forma di fiori, di gnù o di DNA, ma mai di lampade.

Ecco, ora vediamo di trovare persone a forma di persona.

Il tifoso a tempo indeterminato

L'italico tifoso medio (quello di ruolo, con contratto a tempo indeterminato e la bandiera nel cofano) somiglia tantissimo a un pargolo che si atteggia ad adulto, imitandone grottescamente piglio, prosodia e parole, e che inevitabilmente finisce poi con l'inventare vocaboli, usarne impropriamente altri e sbagliare i congiuntivi. Pressapochista e arraffazzone, spesso mette una i dove non serve e dimentica la h nella terza persona del verbo avere, e ancora più spesso parla di umiltà, giustizia e tecnica col cuore in mano, come un piccolo San Francesco, un Mahatma Ghandi o un Hanon virtuoso.

Qualcuno prima o poi dovrebbe offendersi per questo ridicolo stato delle cose, perché questi per un gol non assegnato ti bloccano un'autostrada o ti demoliscono una città. Ma il vero guaio è che quando ci sono motivi seri per sfasciare una città o occupare una stazione, questi stanno a casa a guardare la partita.
Capito che faccenda?

Il falconiere ebbro

Il falconiere ebbro si è accorto di sgobbare di più nei giorni di festa che nel resto dell'anno. Per fortuna che le feste durano poco, e poi si torna a lavorare.

Un vero uomo

Quando un uomo prende una decisione, è quella, se uno è un vero uomo. Non conta il periglio, l'ammicco malizioso e civettuolo della Morte, né la certezza che altri più in gamba lo derideranno: un uomo vero fa ciò che è dovuto alla sua storia solo e semplicemente perché è dovuto a sé stesso. Slavine di incertezza e montagne di paura non impediranno al destino di compiersi, perché la storia la costruiamo soprattutto in momenti come questi.

Vabbò, insomma, affitterò quella minchia di snowboard e se starò per due giorni con il culo per terra, lo farò con dignità. E se non torno, ricordatevi di aW. Dopotutto, il sabato è sempre un buon giorno per morire.

giovedì 1 gennaio 2009, 9:37

Se uno può scoprire in una notte sola che sua cugina russa come un porco nel motaccio, che il materasso gonfiabile fa un casino assurdo sul parquet, che la sua bellissima nipotina rompe meno di qualunque altro bambino (ma rompe pure lei), che i router telecom fanno e faranno cagare per sempre, e che la maieutica non funziona col torrone che fa su e giù nello stomaco, allora probabilmente non ha passato una buona notte.