Violenza didascalica

Tutti parliamo. Pochi ascoltano. Ancora meno si fanno capire veramente.
A volte vorrei spaccare a sediate la capoccia della gente, entrarci dentro con la forza, e mettermi surrettiziamente a riordinarne i pensieri come si dispongono i calzini nel cassetto. Poi, attingerei le parole migliori dal loro scarno vocabolario, ne forgerei uno a uno i fonemi con lo scalpellino e, già che ci siamo, darei pure una raddrizzata alla prosodia e due martellate all'intonazione.
Un antico detto popolare eretino dice parlemu parlemu e non se capemu.
Ecco, loro l'avevano capita tutta.

Oggi non ho niente da dire

Come da oggetto.

Il Risiko del destino

Mentre l'una sistemava frotte di carri armati sul fronte sudeuropeo per prepararsi alla breccia nei confini africani, il Kamchatka con due spuzzolosissimi attacchi depauperava l'avversario del possesso del continente intero. Poco male, pensano le armate nere della morte (non sapendo che in realtà di lì a poco sarebbero divenute le armate nere della sfiga), con un rinforzino e lo spostamento di fine turno, più le carte da cambiare, l'America del Nord cederà. E se non cede, c'è l'America del Sud che deve fare qualcosa anche a Nord, se non vuole che l'Africa le faccia un tarallo tanto.
Un equilibrio tra i più sottili sta per essere infranto dal semplice lancio dei dadi, trasfigurati per l'occasione nel deus ex machina dei destini del Risiko: e così, un terzetto di dadi azzurri sancirà la vittoria e la sconfitta, distribuirà allori o disonore. E non c'è nessuno che possa o voglia ribellarsi, stregato dal caso e dalla strategia.
Poi arriva quello stronzo di Gino che inciampa e sbraca tutto il tabellone.
A volte, per essere dei grandi strateghi, occorre guardare molto al di là del tabellone da gioco.

La neuroscienza della dolce metà

La dolce metà ha i neuroni foderati di cemento armato, e ciò significa che il passaggio di informazioni elettrochimiche tra le sinapsi avviene sempre in un senso predefinito, che è storicamente quello più inconcludente, dispersivo ed irritante. Ci vogliono ere geologiche di guttacavatlapidem psicologico perché si convinca che è necessario passare una pezza anche dietro questo o quel mobile, e quando comincia il processo diventa pressoché irreversibile.
Non importa che l'ora di pranzo sia passata da un'ora, né importa che casa vada a fuoco o che un'epidemia di suina abbia trasformato in ninfomani tutte le donne del pianeta. Il canale neuronale è già occupato a tenere il mocio in mano, e non ha risorse per mettere in pausa il lavoro e riprenderlo dopo.
E allora inizia quel tipico processo di gelificazione dell'achenio di Castanea sativa, anche detto comunemente marmellata di marroni, ottenuta mediante sfregamento di questi ultimi contro se stessi. I miei, nella fattispecie.
E allora giù discussioni surreali, sottili nonsensi e velate minacce con evidenti richiami all'astinenza sessuale e alle abitudini di mammà. A nulla servono i compromessi e la mediazioni, neppure la consapevolezza che domani saremo di nuovo culo e camicia. Quando alla dolce metà girano i maroni, la scienza dimostra (senza spiegarne il perché) che anche i miei entrano in risonanza. Punto. E' così. Rassegniamoci.
Come gli attori non possono improvvisare sul palcoscenico, così noi due seguivamo pedissequamente il ruolo cosmico che ci siamo scelti. Oggi, il copione prevede battibecchi fugaci e sguardi pseudoincazzosi con iniziale ritrosia ai baci che poi finisce in birra, film e pace ufficialmente sancita. Schiarite definitive, solo all'indomani.
Niente di nuovo, tutto già visto. Mi adeguo al mio ruolo.

Il Lagnolamento

Lagnolamento
[la-gno-la-mén-to] s.m. (pl. -ti) s.m.

  • 1.personaggio prono alla critica più aspra pur senza apparenti motivazioni, in grado di lamentarsi dei problemi più disparati per ore e ore, spesso infarcendo di luoghi comuni le proprie motivazioni. Normalmente intransigente, scarsamente accomodante, geneticamente impreparato a qualunque imprevisto, il lagnolamento lo si riconosce perché al bar è quello che reclama per la scarsa freschezza dei pistacchi, nel condominio è quello che non vuole che i bambini giochino nelle aiuole (come da apposto regolamento, sezione B3 e B4) e se è in vacanza in un paradiso tropicale, davanti lo spettacolo di palmeti e acque turchesi di solito si lagna della lentezza del servizio alla sdraio. Esempio di lagnolamento:
Ma io dico, andiamo sulla luna e con le tecnologia di oggi blocchiamo l'intero traffico aereo del Nord Europa per un peto di vulcano? Dove andremo a finire, mi domando, è proprio vero che si stava meglio quando si stava peggio. L'ultima volta, con coso là, come si chiama, mica avevano bloccato tutto quanto, ché poi ci tocca prendere il treno e i treni italiani si sa quando partono ma non quando arrivano, e sempre se partono.

In effetti, l'ultima volta non mi pare che i pompeiani si lagnarono per il blocco del traffico aereo.

In questo paese

In questo paese non passa giorno in cui io legga il giornale e non mi senta ferito/sorpreso/avvilito/incazzato/offeso/angustiato/intimorito/sospettoso/sfiduciato/disgustato/ per qualcosa che questo governo ha fatto, sta attuando o ha intenzione di effettuare.
Ho bisogno d'una boccata d'aria nuova.
Vi prego, ne ho sul serio bisogno.

Tempus fugit (post à la Magritte)

Oggi non ho neppure il tempo di lamentarmi di non avere tempo di fare una pisciata.

Ammanchi mattutini

Si può andarci piano ed essere clementi, si può persino invocare gentili eufemismi e le peripezie sintattiche più ardite, fatto sta la faccenda è e resta una tragedia. Una inguaribile tragedia.
Sì, c'è molto altro al mondo e, sì, l'astinenza non mi sarà fatale per una volta (o no?). Ma perché privarmi della sua schiuma, della sua morbidezza, del suo calore, della sua dolcezza?
Se solo ci penso, le nari scondinzolano e mi sembra persino di avvertirne l'aroma fumée; ma oggi non posso averlo, niente, nisba, niet, betsuni, e per colpa mia. T'è piaciuto sponzarci ("pucciarci", per i lettori polentoni) il dolce dentro, ieri sera? E ora niente mugugni e ripensamenti: è semplicemente finito. Arrangiati.

Ma ditemi voi,  a cosa cavolo serve una mukka express se non c'hai il latte? Ecco, l'ho detto.

Quattrocento cinquantotto post

Perdonate l'autoincensamento, ma lo vogliamo dire o no che ho all'attivo mille duecento ottantasette post per mela più un'altra vagonata da cinquecento? Senza contare, cosa che mi preme ancora di più, che su questo blog ho scritto la bellezza di quattrocento cinquantotto post in due anni e mezzo di onorata carriera.

Anzi no, con questo fanno quattrocento cinquantanove.

Estasi polemica

Oggi sono in estasi polemica. Anzi, lo ero ieri, visto che disporrò la pubblicazione di questo post domani.
All'improvviso avverto un distratto distacco da tutti e tutto mi provoca insofferenza.
Mi stanno sul culo i nordici perché sono nordici, quelli del sud perché sono del sud e i centrici perché stanno in mezzo. Mi sta sul culo questo tempo perché fa sempre un filo troppo caldo o un filo troppo freddo, e poi il cielo è plumbeo da mesi. Mi stanno sul culo i superficiali e quelli sensibili, quelli pedanti e quelli che non sanno i condizionali, intendo più del solito, e che non comprendono la metà delle cose che gli vengono dette. Forse sono mostruosamente intelligenti e paraculo, e fingono soltanto di non capire; ma non ho tempo di scoprirlo, sono in estasi polemica.
Ce l'ho con persone, politici, eventi e lingue, comprese quelle morte; non sopporto niente dal paramecio ai libri di Dan Brown passando per gechi e oloturie, sbuffo alle frivolezze dell'informatica e mi fanno incazzare i miei lettori, sempre pronti a polemizzare su qualunque nonnulla, e mai - dico mai - che si dimostrassero un po' affettuosi. Ma potrò avere anche io delle opinioni in controtendenza, o no?
Mi vanno strette le inutili discussioni di coppia, e detesto l'evoluzione delle specie perché mi costringe a farmi la barba ogni due giorni.
E soprattutto mi sto sul culo io, che mi sento così e non ne capisco neppure il perché.

Le meraviglie del conto corrente online

Fictio bancaria
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Realitas bancaria
Vado sulla pagina, immetto i dati. Dopo 20 minuti, dà errore il form. Cambio browser. Ripeto. Niente. Buona la terza (ho capito dove si infogna, meglio non toccare quel maggiori info). E ora ripetilo per il cointestatario. Discussioni, incongruenze, litigi per un momento che dovrebbe essere d'unione.
Per fare prima, stampo a spese mie i contratti e li spedisco il giorno stesso.
Dopo tre giorni, sputano fuori come primizie i primi trilli, le mail e le comunicazioni. Fantastico, gli ingranaggi si muovono. Poi niente per due settimane. Chiamo. Verrà ricontattato. Dopo due giorni mi richiamano. C'è un'incongruenza; ma scusi, gli faccio, è un cavillo, non potrebbe aggiustarlo lei al volo? No, ci mandi il fax. Mando il fax. Dopo una settimana richiamo, sì è stato ricevuto ed è in lavorazione, attenda al massimo la prossima settimana (ovviamente è venerdì). Passa una settimana e richiamo: faranno il sollecito. A distanza di quattro settimane, pare che finalmente il contratto sia andato a buon fine, ma il peggio non è ancora passato. Ora devono arrivare le carte da attivare.
Comunque è proprio vero che Internet è una bella comodità.

L'amalgama scomposta

Il Pingue Professore di Botanica, rosso in volto e sudaticcio, si massaggiava alternativa la gran panzona e i cordoli di ciccia sotto al collo, forse perché la camicia lo opprimeva da sopra e da sotto. Non usava gelatina sui capelli, e nonostante ciò gli scendevano sugnosi e collosi come spaghetti di soia piccanti. Quando non si toccava o ravanava nella cavità del suo corpo, attingeva a piene mani da ciotoline di patatine e anacardi con ritmi che rasentano quelli della respirazione. Accanto a lui, la Donna Psicocentrica somigliava ad una contraddizione ridotta ai minimi termini, o a uno scherzo di pessimo gusto: piccola, emaciata, con la fronte quadrata a ventisette pollici, e il mascellone volitivo dall'indole ippica incastonato dentro un caschetto di capelli intagliati nel mogano. Tra di loro, presente assente, l'Amico Qualunque; parla, ride, scherza, osserva, commenta e battibecca su qualunque argomento, ma fa tutto da solo. A vederlo da lontano sembra il re della conversazione  a quel tavolo, ma in realtà non si rivolge a nessuno nello specifico: neppure a sé stesso.
Infine, stretto tra il Pingue Professore e l'Amico Qualunque, ci sono io, con la mente rarefatta e sul punto di diventare uno dei miei personaggi. Mi sento un po' fuori luogo e, soprattutto, ho l'impressione che l'amalgama non tenga, come se avessi mescolato olio, sabbia e sassi in un bicchiere di latte. Sì, stanno insieme, e il latte mi piace, ma non puoi dire che siano un ensamble.
Ecco, io in quell'impiastro di cocktail sono il tocco finale: una fetta di limone andata a male.

Bubbole mattutine

In neppure un'ora di moderazione della Gazzetta (il ricettacolo dell'italiano medio), stamattina mi sono già fatto sei raddoppiamenti sintattici alla romanesca ("subbisci", "raggione", tre "intercettazioni", "azzioni"), quattro "qui" con l'accento, "un imputato" con l'apostrofo, un "ma bensì", un "siccome che", una "gabbia d'orata", quattro o cinque "a" senz'h e un paio di complementi di stato in luogo introdotto da "ha" con l'h. Più un congiuntivo di dubbia natura ("non credo che questo piaci ai giudici").
Intanto fuori da casa mia, fatto inaudito a mia memoria, sento le pecore belare nel metro quadro di prato tra i palazzi che Caltagirone s'è scordato di cementificare.
Non ho idea di cosa ci facciano lì, ma è strano come a volte il caso ci fornisca le metafore servite su un piatto d'argento.

Una telefonata

Una discussione, le solite chiacchiere qualunquiste, il timore del diverso, dell'estero, delle altre culture, dei colori che non vediamo spesso, dei sapori che ignoriamo e dei valori che non comprendiamo. La mia solita accorata, passionale arringa e lo scontro amaro.
Poi una telefonata a distanza di giorni.
Le mie parole, mi dice una voce emozionata, hanno cambiato la sua visione delle cose. Hai ragione, mi confessa con la semplicità disarmante di chi ti vuole bene e ti tiene in gran conto.
Sono emozionato anche io, mi viene un po' da piangere. Forse, nonostante tutto, c'è davvero speranza per questo paese.

Al farmacista perbenista

Gent.le Dott. Farmacista Perbenista,

questo post è in realtà una lettera indirizzata alla Sua Persona, la quale tuttavia non ha velleità di persuasione, né denuncia, per il semplice motivo che sarebbe inutile: sappiamo che Lei è individuo dotato di saldissimi principi etici tali da sovrastare qualunque ragione, ragionevolezza, libertà, giurisprudenza e, se ci scappa, cagherebbe pure in testa a questa gentaglia comunista che pretende persino di veder rispettati i propri diritti garantiti da costituzione e Déclaration des Droits de l'Homme et du Citoyen.
Di questo passo, la gente pretenderà pure, che sò, il diritto di morire come cazzo desidera o di disporre del proprio corpo come fosse un bene proprio. Dove andremo a finire.
Lei ha ragione. E' nel suo diritto avere una fede, professare ai professori, prevenire piuttosto che curare, giudicare invece di rifilare medicinali. E' nel suo diritto calpestare i diritti degli altri per le sue pervicaci convinzioni. E' nel Suo diritto sovrastare gli spazi altrui con i Suoi discorsi fioriti, gli arabeschi di cazzate perbeniste e le conclusioni fasciste. E' nel Suo diritto ritenere che se una vuole abortire è una povera scema che non sa quel che fa, e quindi è nel Suo diritto impedire a costei di esercitare un suo immorale diritto. Dopotutto l'aborto è una questione di cinque minuti al massimo, via: quella scomposta tredicenne ci avrà pensato giusto il tempo che passava tra una fornicazione e la piña colada. Vero? Mica è una faccenda delicata, personale e importante.
Ma sa qual è il vero problema di Lei e quelli come Lei? Che avete convinzioni apparentemente tanto ragionevoli che risulta impossibile scalfirle. Siete blocchi di granito cinerino. La ragionevolezza, con quelli come voi, semplicemente non funziona.
E allora io spero che una autorità paneuropea cada su di voi come un'accetta e vi spacchi il cervellino perbenista in due, così magari qualche coraggioso a botte di carte bollate e lettere di avvocati vi farà arrendere (non comprendere) al fatto che le vostri personalissime convinzioni non possono e non devono ledere l'altrui libertà sancita dalla legge.
Non se la sente, in qualità di farmacista, di spacciare preservativi? Abbia pazienza, gentile Dott. Perbenista, ma in questo paese andiamo già un sacco di problemi. Non ci serve gente oscurantista come Lei che ci fa piombare nel deretano del medioevo del terzo millennio. Persi tra le questioni personali del Premier e dei suoi vassalli, in italica terra non riusciamo neppure a fare una spuzzolosissima unione civile. Sul serio, non abbiamo il tempo di trattare ancora e ancora argomenti che credevamo superati e digeriti dalla coscienza pubblica. Guardi, ci sono molto mestieri per quelli come Lei, ma per favore, smetta di rallentare ulteriormente il passo di questo asfittico paese. Lei è come il canonico gatto appeso ai coglioni dell'asmatico che, ultimo tra tutti, sta facendo la staffetta.

Cordialmente,
aW

Il duro rientro

Chissà perché dopo tre giorni di fancazzismo elevato ad afflato mistico, lungi dall'essere più facile, il rientro al lavoro rappresenta una piccola tragedia personale.
Dopo una bella vacanza ci vuole un'altra vacanza. Altroché.

Meno ventidue minuti e trentatré secondi

Meno ventidue minuti e trentatré secondi.
Poi c'è Pasqua.
Nessuno -io per primo- lo credeva possibile ma è così: anche aW è in ferie.
Baci ai pupi, andate per prati, infognatevi nelle autostrade, sgozzate capretti, squartate uova, fatevi venire brufoli e puntazzi neri a forza di ingollare cioccolata, giocate a poker, trombate a non finire e toglietevi dagli zebedei.
Meno ventuno minuti e quarantacinque secondi.
Poi, sarò dei vostri.
(E buona Pasqua)

La munnezza inamovibile

La busta di umido, o più propriamente detta Munnezza, non rispetta le leggi fisico-chimiche di questo universo, principalmente poiché le sue sostanze sono tenute assieme e al contempo svilite dalla clorofilla, dalla dimenticanza e dagli scaracchi di protozoi, ma soprattutto dalla dimenticanza.
Sebbene sia decisamente un oggetto di questo mondo, spesso la munnezza è invisibile agli inquilini della casa, come se i fotoni la attraversassero senza fatica. E così capita che qualcuno, passandoci davanti, inizi a lanciare lo sguardo strabuzzato in tutte le direzioni, talvolta annusando persino le altrui ascelle, per finire col borbottare ma che è 'sta puzza?
Ma la munnezza resta là. Ci inciampano sopra, si lagnano dei miasmi, ma non la vedono.
Fosse solo questo, il problema, verrebbe da chiudere la questione qui. E invece, un'altra delle mutazioni fisiche che spessissimo intervengono riguarda la inamovibilità della munnezza. Come se i suoi atomi, appesantiti dallo scorrere del tempo, iniziassero una irreversibile procedura di fusione col pavimento. E' troppo pesante, portala tu imploreranno voci disperate, come se fosse quella la questione.
Un'altra caratteristica di questo elemento (peso atomico 4.142²), fenomeno che avviene in presenza di ulteriore munnezza, è la capacità di raddoppiare il proprio volume nella metà del tempo normalmente richiesto. Ciò significa che, se c'è una busta di immondizia da gettare fuori in terrazza, l'umido sotto al lavello si riempirà al doppio della velocità (esempio pratico, ieri per un risotto ai carciofi abbiamo già fatto un nuovo en plein), e se c'è pure il vetro, i tempi si accorciano ulteriormente.
La munnezza è roba degenerativa, inglobante, fetente, in grado di triplicare il suo potere mefitico dopo un timido spaghettino alle cozze, o peggio due ostriche crude. Altro che uomini e insetti: è la munnezza che tra poco vincerà la battaglia per il predominio del pianeta Terra.