Quasi un commiato (ma anche no)

E' tantissimo che non scrivo più sul blog, ed ogni nuovo giorno i sensi di colpa si assommano a quelli del giorno precedente. Ho aspettato di trovare le parole giuste per farlo ma ora, mi rendo conto, uno straccio di giustificazione dovrò pur darlo.
Da principio questo blog era un teatro praticamente vuoto, fatta esclusione per me e i miei deliri ingigantiti dall'eco; poi, è arrivato un piccolo gruppo di fan e amici affettuosi e così è stato fino ad oggi: loro sono diventati il mio pubblico. Ma nascosto nell'ombra c'era qualcun altro, l'autore, il me medesimo, l'inner eye. Insomma, aW in incognito.
Credevo di scrivere qui per gli altri, e invece lo facevo per me; ho capito che mittente e destinatario, per una volta, coincidevano. Ero la mano che dettava i caratteri e l'occhio che li leggeva, la verga che vergava e lo stelo che stelava. Va bè, il succo è chiaro.
Volevo scrivere, avevo tanto da dire, e una lunga strada da percorrere. Poi, semplicemente, credo di averla imbroccata, un po' più a culo che per altre ragioni, ma l'ho imbroccata. Non è che non abbia più niente da dire -per quelli come me la lingua è l'ultimo organo a crepare-, è solo che non ne ho semplicemente più il tempo. Tra i post della mattina e gli articoli pomeridiani, di parole scritte ne pubblico anche più di quanto avrei mai immaginato possibile, e sono contento. Contento di fare ciò che mi piace e che mi riesce meglio, ma soprattutto contento di raggiungere un uditorio, sul Web così come su carta stampata, cui poter consegnare le idee in cui credo profondamente. Certo, non è drammaturgia, né politica e neppure letteratura. Ma sono io, questo è poco ma sicuro.
Che fine farà aW.blog? Non ne ho la più pallida idea, ma di sicuro non morirà. Forse tornerò a scriverci saltuariamente, o forse mai più: non lo so e non lo voglio sapere.
Questo posto è stata la mia bussola, il mio diario tragicomico, e certe cose sono come il primo amore: spezzano il cuore ma non si dimenticano mai.
Ed è bello che, per annunciare l'astensione dalla scrittura, io ne scriva. Sa di nuovo inizio, come nelle cosmogonie cicliche, quelle di Ptarr figlio di Kmerr in cui alla fine tutto torna com'era in principio. Un principio in cui non c'era nient'altro che questo teatro vuoto dalle infinite potenzialità.
E io adoro gli inizi.