Il mandarino nano serial killer

Scusa, ma non posso parlare più forte di così, non posso proprio. Sarebbe un guaio.
Devi sapere che il mio, dapprincipio, era un terrazzo tranquillo, addirittura noioso. Un riottoso arbusto di rosmarino, un ciuffo di prezzemolo e qualche varietà di peperoncini, tra cui un tisico habanero.
Potevo parlare, sproloquiare, e persino bestemmiare senza che una foglia tremasse. Potevo lamentarmi e nessuno avrebbe avuto da ridire nulla.
Ma ora no, non più, ora succedono cose. Non posso urlare, non mi chiedere di andare avanti.
Ora c'è lui, il mandarino nano. Gagliardo e rigoglioso, virile ed aggraziato, carico di piccole granate verdi e arancioni, robusto e dal solidissimo vaso. Ma è pazzo, te lo dico io, è pazzo.
Ieri sera deve avermi sentito che parlavo male del vicino al piano terra, il maledetto, che non potevo sopportare i suoi improperi immotivati, le richieste assillanti ed i continui, alterni alterchi. Sono certo che sia andata così. Ora che ci penso, ieri vibrava di una forza simile all'atto di potenza, o alla volontà. Può una pianta avere volontà? Che dio ci salvi, se è così.
E mentre dicevo di quello di sotto, e quanto è cafone, e quanto è ignorante, e perché rompe le palle solo a me, succede il fatto. Il misfatto.
L'ho visto, l'ha fatto apposta, non posso sbagliarmi. Lo so.
Ha fatto un passo, ha strizzato l'occhietto pernicioso e s'è buttato di sotto, proprio quando quello stava entrando a casa.
Nessuno s'è fatto niente, e per precauzione ho disposto ai legacci forzati sul pavimento tutte le piante.
Non posso correre ancora il rischio che qualcosa accada ancora. Non più, per lo meno.
Ma ho paura di quel che potrebbe fare ancora, il mio mandarino nano serial killer. L'orrore, l'orrore, l'orrore.

Grande Capo Culo Tonante

Grande Capo Culo Tonante era noto nella sua stessa tribù - e in molte vicine - per il numero e la natura degli ordini che solitamente impartiva.
Diceva prendete la tintarella augh! se pioveva, oppure date la biada al mio destriero, se il ronzino era già morto di fame da due mesi oppure ancora dissotterrate l'ascia di guerra proprio quando i visi pallidi erano appena stati scacciati e i loro scalpi sanguinanti erano appesi in bella mostra.
Non era rincoglionito, oddio forse un poco sì, temeva la gente, ma soprattutto lo ritenevano saggio al di là dell'umana comprensione. Dopotutto doveva pur esserlo, saggio, se era un capo. Altrimenti era solo rincoglionito, ma evidentemente un tale ammissione d'imperizia sociale era contro l'usanza di quella gente.
Accendete l'ascia di guerra oppure sotterrate il kalumè della pace era insomma una disarmante, avvilente realtà cui erano tutti sufficientemente abituati da lasciar correre. E certamente, sotto ordini tanto ridicoli c'erano segni divini e una conoscenza delle cose del cielo che  agli uomini della tribù non era dato toccare. Di questo almeno tentavano di convincersi a vicenda.
Io che però ho la facoltà di frugare nelle coscienze e nei vizi delle mie finzioni - che poi somigliano sinistramente alle invenzioni della natura - vorrei presentarmi ora a quel popolo come messaggero e dire loro la verità.
Non è saggezza imperscrutabile né sovrannaturale predisposizione, quella di Grande Capo Culo Tonante; il padre lo battezzò così perché spara cazzate come fossero peti, perché non ha la benché minima conoscenza di nozioni come buon senso, senno e rispetto, e perché un pochino è pure schizofrenico.
Ecco perché ogni mattina, dopo aver convocato come sempre la concubina, le chiede ma tu che cazzo ci fai qua?Va' a lavare i panni al fiume, e poi si gratta le palle.
Tanto che gli frega di quello che hanno da fare gli altri, a lui che è Grande Capo Culo Tonante.

I bambini degli altri

Per quanto chiassosi, importuni, scassaballe e insonni, i bambini degli altri sono meravigliosi soprattutto perché, prima o poi, crescono.
Il pupo di trent'anni, invece, no. Povero me.

Le usanze del Kissandostàn

Il moderno stato di diritto del Kissandostàn è speciale per molti motivi. Ad esempio, le strade sono sempre pulite ed ordinate, non vi sono delinquenti, tutti agiscono secondo costume, e nessuno mai sciopera, si assenta dal lavoro o protesta in piazza.

Che paese! Che Bengodi!
Al cittadino è riconosciuto il diritto di tacere, di sottostare alle leggi, ed il diritto di andare in galera. Non ci sono cause civili, né avvocati (ma vi sono molti giudici) poiché tutto ciò che esiste è dello stato e ognuno è libero di non offendere, prevaricare, scombussolare, polemizzare e sconcertare la pubblica opinione nel modo che preferisce.
Che Bengodi! Che paese!
Nel Kissandostàn i processi durano poco, pochissimo poiché si ritiene saggio ed auspicabile risparmiare al normale svolgimento della vita pubblica le questioni e le beghe altrui; Si lavora alacremente per avere uno stato efficiente, ed ancora di più per istruire i giovani ad amare l'efficienza dello stato.
Che paese!Che Bengodi!
Sapevate che il Kissandostàn da qualche anno ha aperto stabilmente un'ambasciata in Italia?

La finestra sul paradiso

Se apri quella finestra,  fuori c'è il paradiso, dirà l'uomo dai molti passati.

L'altro, per tutta risposta, grugnirà a continuerà a cacare in un angolo della sua cella, come fa da almeno un lustro; preferirebbe morirci, là dentro, piuttosto che aprire quella dannata finestra.
Ecco, io voglio essere l'uomo dai molti passati.

Delirio da genetliaco

Che il grano frema d'amore e si faccia farina da sé, sugli sconfinati campi di Tàlassa. Che le galline, contro le leggi del peso e della consuetudine, volino in stormi di centinaia e bombardino uova grasse e rosse come arance. Che tutte le api del mondo accorrano e che in un ciclone di pungente dolcezza stiano a vorticare, a cagare miele, a inebriare di polline prezioso ogni centimetro delle terre di Tàlassa. Siano convocati gli ultimi giganti nascosti fra le montagne affinché impastino la natura, e che il sole brilli gagliardo per me, facendo mille anni di luce in una sola ora.

Che i quattro venti accorrano a soffiare e lievitare l'uno contro l'altro, e tremi la terra sotto le zampe delle vacche galattone fino a che pregiatissima panna spillerà dalle gravide mammelle.
Infine, siano condotti fari, torri e leggiadrissimi pinnacoli della cera più fine, costellati di fiaccole, fiammelle e torce sempiterne.
Poi chiamatemi, che vengo a spegnere le candeline.

Tra me e me

Ieri sera stavo immobile sul letto, liquefatto dalla stanchezza, a guardare una mia bella fotografia appesa alla parete. Per un attimo, mi è parso che l'altro me dentro il quadretto si muovesse impercettibilmente, ed ho avuto la nettissima sensazione di essere io la finzione dall'altra parte della cornice, non lui.

E' terrificante sentire il peso di un universo congelato sulle spalle, e lo è ancora di più il fatto che invece risi di gusto all'idea che qualcuno tenesse una foto di me, sciolto sul letto come una mentina al sole.

Tollerenza zero

Oggi qualcuno m'ha detto che ci vogliono leggi inflessibili che regolino ogni aspetto della nostra vita.

Tolleranza zero, ripetevano, tolleranza zero per tutti perché lo Stato, che è come un padre, deve educare e colpire i birbaccioni prepotenti che non conoscono l'educazione ed il buon senso. Deve colpirli prima che si dedichino alla malefatta, deve stargli addosso con leggi precipue e gagliarde, perchè se dai un dito si prendono il braccio e poi non c'è più la mezza stagione.
Io, invece, credo nella libertà. E credo nell'intelligenza e nel buon senso. Poi ho capito che entrambi abbiamo ragione.
Loro prendono il mondo per come è. Io, per come lo vorrei.

La bottega dei miracoli

Non fatevi ingannare dal nome, la bottega dei miracoli sembra un bel posto, ma non lo è, ed io lo so bene il perché.
Ci puoi comprare tutto, là dentro, cose che neppure sospetti di desiderare, ed è questa la più orrenda delle sue verità: ti mostra per come sei veramente, perché alla fin fine noialtri siamo ciò che desideriamo.
La bottega dei miracoli è una sorta di banco dei pegni dell'anima, un lupanare per coscienze, una piazza dove si baratta noi stessi, e dove verità e menzogna, onore e vilipendio cessano di contrastarsi; là, l'universo intero s'accorda nel primordiale unisono. Ed è terribile.
Sull'insegna che ciondola vezzosa stanno tre simboli. La moneta non indica il pagamento in denaro, tutt'altro; il suo significato è che per ognuno il prezzo è diverso, come per ognuno è diverso il primo bacio, o il primo lutto.
Il secondo è la bilancia, che indica lo scambio ed il baratto, perché là dentro tutto ha un prezzo e tutto costa sempre troppo anche per l'uomo più ricco. E la tua anima? Quanto pesa un solo grammo della tua anima?
L'ultimo simbolo è il Behemoth, il mostro ch'alligna sotto al mondo, e che prelude al minaccioso cambiamento che la bottega induce in ognuno di noi.
Ma forse, ciò che fa davvero spavento, è che nella bottega ci passiamo tutti, prima a poi, e tutti chiediamo qualcosa di temibile e inatteso.
Ho visto uomini giusti comprarci vendetta, autori di fama uscire con pile di libri scritti da altri, un'adultera piatire un perdono, e un prete , che dio avrebbe dovuto averlo saldo in pugno, scongiurare di vedere anche solo un pezzetto d'aldilà.
E la dignità? C'è pure chi tenta di comprare quella, e non si ravvede che la perde nell'esatto momento che la chiede.
Ed io? Anche io sono in trattative con la bottega dei miracoli, e sarà una lunga, estenuante partita; ciò che chiedo è la tranquillità, ma per me ha ancora un costo troppo grande: io la tranquillità la pago con la moneta del rumore, dell'affanno e dell'insopportabile frenesia.
Ma credo sia un modo giusto, tuttosommato, di averci a che fare, con quelli là.

Poco a poco

E' curioso come, poco a poco, tendiamo ad assomigliare alle macchine che amiamo.

La memoria di Internet

Qualcuno dovrebbe decretare il diritto all'eternità delle cose di Internet.
Nel momento che è stata consegnata al mondo, puoi veramente dire che ti appartiene, una parola, solo perché l'hai scritta tu?
Chiunque dovrebbe nascere col diritto di parlare su Internet, ma a nessuno dovrebbe essere accordata la possibilità di cancellare il passato. Ecco perché, a volte, penso che ci vorrebbe una Internet infinitamente più grande che possa contenere Internet in ogni suo istante, così che non cercheremmo più soltanto un'idea, ma un'idea in un qualche momento della storia.
E' del diritto alla conoscenza e alla verità, che parliamo. Mica pizza e fichi.