La scommessa del nonno idralcolico

Mio nonno, quello idralcolico che con mezzo di Primitivo ti snocciola tutti i pesci che ha preso in cinquant'anni di onorata carriera peschiva organizzati in ordine di grandezza da giganteschi a mostri degli abissi, c'è ricascato ed è finito di nuovo in ospedale.

Mio padre, uomo ruvido ma talvolta sorprendentemente sottile, sostiene che fa tutto parte di un complotto ragionato: non vuole morire, mio nonno; vuol far morire noi di ansia e crepacuore.
Mio nonno, d'altro canto, ora è di nuovo arzillo ed insofferente, e non vede l'ora di andare a pescare con la barca nuova. Dice che è come i gatti: ha quasi tirato le cuoia per tre volte, quindi gliene mancano ancora quattro per arrivare a sette.
E che lui ci arrivi non ho dubbi. E' che non so se ci arriviamo noialtri.

Fessi uguale

- Oggi il cielo è proprio terso, no?, faccio io.

-Sì, e anche un po' quarto è la risposta scema, e guarda in sù. Non c'è neanche una nuvola, è totalmente sgombro.
- E anche un po' maccarello.

Non c'è che dire, siamo proprio fessi uguale.

In pochi giorni aWiliti

In pochi giorni aWiliti sono accadute una fracca di cose meravigliose, sconcertanti, avvilenti e tremende. C'è chi sta decidendo se è ancora faccenda di questo mondo e chi, invece, ci si è piazzato saldamente alla faccia di acciacchi e mali incurabili; c'è chi ha tentato di portarmi via un pezzetto di vita e chi per me si scioglie generosamente, e con infinita pazienza. C'è chi, lontano, diventa sempre più lontano, e chi, vicino, si fa sul serio più vicino, e c'è il ricordo che non guarisce, e la fame che ritorna, e il tempo che s'affretta.

Eppure nell'aria c'è consolazione, e si respira del buono.
E piango contento, come uno scemo, perché il prossimo Natale a noi simpatici simbionti porterà un regalo grosso grosso. E già gli voglio bene.

La nonviolenza dell'italiano medio

L'ignoranza è una brutta cosa, e certe persone vanno prese a craniate! dice l'italiano medio.

E se Gandhi ha lasciato qualcosa all'italiano medio è proprio che bisogna insegnare la nonviolenza ad ogni costo. 
Anche con la forza, se necessario

Mucio e Mocio

Mucio aveva trecento mila euro sul conto, bontà sua, ma diceva di far finta di non averli. Per questo viveva in un appartamentino grazioso ma modesto, non aveva vizi e praticava uno stile di vita per niente eccessivo.

Mocio pure faceva finta di non avere quei soldi. Solo che lui non li aveva per davvero.

La coppia postcontemporanea

La coppia postcontemporanea è rara, laureata, dotata di pensiero critico e tuttavia completamente immersa nel mondo d'oggi. Guarda moderatamente la televisione, ma senza fanatismi, riconosce i programmi munnezza (l'elenco è tendente a ∞) e sa astenersene, ma se è ispirata non ha problemi a procurarsi becero divertimento con amici dell'isola famosa o giù di lì. Poi basta, però. Coltiva il basilico in balcone, e sa pulire il pesce, mondare i carciofi romaneschi e preparare un pranzo sontuoso abbinando i vini giusti senza la necessità di trovarli già imbalsamati dentro bare di polistirolo nero al supermercato o peggio surgelati: sa scegliere, conosce i sapori e sa dove trovare il meglio spendendo il giusto.

Le due postcontemporane metà parlano di politica, apprezzano la letteratura, non sono mai arroganti o boriose, e hanno tanta coscienza. Sono la perfetta evoluzione tra il mondo di cinquat'anni fa e quello che verrà, e sono quanto di meglio un paese ladruncolo, scaricabariletto, furbetto e corrottino ha saputo produrre. 
Sono la nostra speranza.

Le due due ragazzine mutuoreciproche

Le due ragazzine mutuoreciproche parlano solo tra loro, perché si capiscono soltanto tra sé e sé; e parimenti - e per motivi analoghi - invidiano assieme, gioiscono assieme, comprano, insultano, ghermiscono e cagano sempre all'unisono.

Se una inspira, l'altra espira; se una mangia, l'altra non sta certo a guardare e se una dorme, l'altra sta già sognando. E cosa, ovviamente, se non di parlare con la sua amichetta mutuoreciproca preferita.
In questi casi, le risoluzioni sono due. O diventano grandi, o ci crepano, mutuoreciproche.

Incubi notturni e obiezioni mattutine

Quando uno passa la notte a girarsi e rigirarsi, scalciare e assestarsi, dissestarsi ancora, alzarsi tre volte per bere, accendere la luce, alzarsi per pisciare due volte, svegliato da un incubo in cui un implacabile ed invisibile assassino lo placca senza sosta, preoccupato per l'apertura della gestione separata INPS e fermamente convinto di avere un incipiente blocco renale, non è una persona normale.

E' invece più normale e finanche prevedibile chi, per questo, l'indomani minacci di invocare la gestione separata dei letti.

La disciplina della Casa che muta

La Casa che muta è finalmente diventata disciplinata. Sangue, c'è voluto, e sudore: ma ora si ragiona. E' finalmente composta ed ordinata, con tutte le luci, i quadri e le pareti a posto; è molto graziosa e minimalista, ed ogni spazio è ugualmente dotato di oggetti e vuoto in parti omogonee. Se invito a pranzo gli amici, non devo più cercare l'apribottiglie nell'ultimo cassetto in cui nessuno degli abitanti della casa l'aveva messo, né giustificare tutte le sue irriverenti stranezze. Certo, è solo un modo di attirare l'attenzione, e talvolta quelle stranezze sono persino divertenti, ma in verità la preferiamo quando è educata e paziente, com'è stata oggi.
Oramai, una giornata di gozzoviglie e baccanali gastronomici tra amici è un'impresa quasi invalsa, gestibile in amministrazione normale e suggellata in modo più che decoroso senza le tonnellate di munnezza e piatti e sporco che attanagliavano ogni festa comandata. 
Saremo diventati più bravi e organizzati noi, senza dubbio, ma è tutto più facile quando una casa è tranquilla e prevedibile come la Casa che muta.

Le notti brave dell'ortolana

La tizia sotto casa di giorno fa la fruttivendola e di notte la zambracca.

In ogni caso, sul cartello appeso fuori ha scritto:
fava locale
Il che è molto pratico, così non deve cambiare il cartello ogni volta.

Le attenzioni verso il mandarino nano

Oggi mi sono deciso e ho svasato il mandarino nano. Ultimamente era sempre giallino, pallido e un po' tisico: non aveva quasi più niente della baldanza e gagliardia del giorno dell'insediamento ufficiale nel terrazzo della Casa che muta.

L'ho tirato fuori delicatamente, gli ho fatto il solletico alle radici, gli ho rimboccato l'humus e l'ho incastonato in un vaso gigante a sua volta assiso su uno scranno di legno, così che potesse tendere alla luce del sole tutti i rami fino all'ultimo germoglietto.
Domani comincio il ciclo di massaggio delle foglie e, nel mentre, tenterò di convincerlo a praticare la prima sessione di zazen per ritrovare la linfa di una volta. La verità è che non so come prenderlo, e farei di tutto per vederlo robusto e florido. 
Come tutti gli altri abitanti della Casa che muta, d'altro canto.

Piccole soddisfazioni

  • Andare ai Caraibi almeno una volta - fatto
  • Comprarsi un frigorifero a forma di frigorifero ammerricano - fatto
  • Togliersi la soddisfazione di dire buon lavoro e torna presto che oggi faccio i carciofi -  fatto or ora.
Adesso sì, che si ragiona.

La serata di Riccardo

Riccardo ieri sera è tornato stanco ma contento. E' riuscito a finire tutta la versione di latino al liceo, ed ha pure passato, roba da matti. Ha cenato con la famiglia, come sempre, ma diversamente dal solito Rosa, la mamma, ha fatto i cannelloni ricetta della nonna, che non li fa mai perché si stressa a stendere la pasta all'uovo, ma poi sottosotto è sempre orgogliosa quando le fanno i complimenti perché i suoi cannelloni hanno la crosticina, o non vengono mai troppo asciutti, o c'hanno la mozzarella che fila troppo bene. Riccardo ha giocato a Risiko con gli amici tutta la sera, e mentre attaccava il Kamchatka non sapeva che sarebbe morto soltanto quattro ore dopo, come in quei romanzetti del cavolo della Mondadori in edizione economica che costano lo stesso una fracca.

Era a letto da neppure mezz'ora, contento perché l'indomani sarebbero iniziate anzitempo le feste di Pasqua a scuola, quando in venti secondi è venuto giù tutto il palazzo e tanti saluti ai cannelloni di mamma Rosa, al compito di latino e alla Kamchatka.
Fanculo.
Fanculo.
Fanculo.

Un'offerta che non potrò rifiutare

Stamattina ho ricevuto un'offerta che non potrò rifiutare.
Un uccellino amico mi ha inviato la solita testa di cavallo sgozzato tra le lenzuola (come si conviene in queste occasioni) con un biglietto sopra che recita:

A non parlare di certe cose, spesso ci si guadagna

Questo teatro è e resterà libero dai condizionamenti, dalla scrittura d'occasione e dal simpatico oscurantismo a là page. In fondo, ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
Soprattutto quando mi girano i coglioni.

La formica sul pomello (storia realmente accaduta)

Stamattina, uscendo di casa, ho assistito a un fatto curioso e, almeno mi pare, inspiegabile. Una formichetta insignificante, oserei affermare più piccola della media, stava abbarbicata sul pomello dell'appendiabiti. Lei, nerissima, si stagliava perfettamente contro il pomello bianchissimo, sulla cui circonferenza trotterellava impavida e quasi bellicosa.

Non faceva altro che questo, girava e girava, incessantemente e senza il minimo affanno. L'ho osservata parecchio - scommettendo su quando si sarebbe stancata - l'ho ammirata per l'insistenza e ho tentato di comprenderne ragioni e pulsioni.
Come avesse potuto arrivare là da sola, poi, resta semplicemente un mistero: sul pomello dell'appendiabiti del corridoio dell'entrata, che è privo di finestre e separato con una scala dal resto della Casa che Muta.
C'era più costanza in quella formica che in tutte le mie fibre messe insieme, probabilmente. Ma senza uno scopo, e senza cervello, si può finire con lo sprecare la propria intera esistenza a girare in tondo sul pomello dell'appendiabiti altrui.
Ho chiuso quindi la porta alle mie spalle, e l'ho lasciata al suo destino. Ammesso che ne avesse uno.

Il Rievocatore di anime di pianoforte

Oggi ho parlato con un Rievocatore di anime di pianoforti. Non credevo ne esistessero, ma tant'è. Di primo acchito, non mi ispirava granché fiducia, ma la favella non gli mancava, sembrava sapere il fatto suo. Probabilmente mi irritava quel suo modo lievemente ossequioso e perennemente assenziente, ma ormai non avevo altra scelta: mi devo fidare di lui.

Ha sfiorato lievemente un tasto, poi si è avvicinato e ha preso ad annusare forsennatamente, come un segugio, così (diceva lui) si stanano gli spiriti bricconi che rubano le note. Quando troppi spiriti allignano tra i tasti, mi ha spiegato, possono tenere per sé anche tutte le note che tentiamo di suonare. E sebbene sottintendesse segretamente che non si può strappare l'anima ad un pianoforte, d'altro canto affermava che un pianoforte può essere fatto tacere per sempre.
Gli ho messo in mano le mie speranze, ed ora attendo il verdetto del suo dio.
Saranno dieci lunghissimi giorni.