La signora di sotto, quella col giardino

La signora di sotto, quella col giardino, è pazza o semplicemente infelice.
Quando il marito era in vita, erano entrambi la gioia dell'egittologo: lei, braccia incrociate all'ombra del melo, sdraiata come la salma di Iside; lui, una mummia nel giardino, stessa andamento e stessa vocazione, a raccogliere foglie, stanare lumache e strappare erbacce.
Oggi il marito non c'è, e non c'è già da qualche anno. Lei era appassita come i fiori di miscanto dopo una settimana di siccità e non pareva più viva. Cioè, era più morta che prima, povera donna.
Ma adesso è tutto cambiato. Da qualche tempo, ha preso l'abitudine di venire con un drappello al seguito: il fratello, vice-mummia ufficiale, il figlio, addetto alle foglie caduche e la vicina di casa, devota matrona di mezz'età, di quelle signore nate già cinquantenni e con il mocio in mano.
Tutte vittime, complici o artefici, non lo sapremo mai.
In questo momento, mentre la meno vecchia idrata i pavimenti del salone, gli altri raccolgono foglie, stanano lumache e strappano erbacce. Di nuovo. Ma stavolta sotto la diretta dirigenza della vedova.
Tentano di accendere il monumento al tagliaerbe del dopoguerra, modello grass-o-matic 2000, per rasare e conciare i due metri quadri di erbetta secca e rada del giardino. Frastuono di tuono, puzza di nafta e la signora, meticolosissima ingegnera, che indica i punti più insidiosi, dove uno o due steli partigiani si rifiutano di piegarsi.
E a quel frastuono insopportabile, tra quei fumi fetenti, la signora di sotto ride.
E' la prima volta che la vedo ridere.

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