il S. Crasso

Io non ho mai creduto che al S.Crasso la gente guarisse. Lì si può stare solo male. E sebbene la malattia sia il presupposto per la guarigione, come può chiamarsi medico chi ti tiene come un uovo sodo, cotto, ricotto, stracotto, come un uovo. Dicono di curare lo spirito, ma io non l'ho mai creduto. Cocaina a fiumi, ci gira là dentro, altroché. E poi fanno pure la pubblicità, e malati - ma anche meno malati - corrono. Imbottiscono di  foglie puntute e miracolose, di bianca forfora d'angeli, di bambù oblunghi, e nessuno contesta, nessuno chiede un'aspirina, nessuno pretende del cortisone. E chi dorme, chi ride, chi guarda nel vuoto, chi sogna. Ho visto suore cacciare da sotto al velo bottiglie di rum agricolo della Martinica come i prestigiatori fanno coi conigli, un sorriso sornione stampigliato di sopra, ed un pubblico trepidante di bavetta di sotto.
Curano lo spirito, dicono, non il corpo. Dimentichi che gli uomini sono anche e soprattutto corpo.
Non ho mai cercato di smontare quella finzione che chiamano casa di riposo ed acquiescenza, casa chiusa o cure del popolo, o la chiamassero come cazzo vogliono. Preferisco stare qui coi miei debiti ed i miei acciacchi. Sono cenerini e magri pure loro, ma almeno sono solo miei.
E che Stato è, mi domando, lo Stato che già all'altare ti lascia come unica eredità malattia e povertà, come la moglie più infida ed infedele?
Non dico che S. Crasso sia un errore, o sia sbagliato per tutti. C'è chi ne ha bisogno per davvero, laggiù.
Ma preferisco non prendere parte, a quella follia sanitaria; ecco perché sto qui a lagnarmi di quel che mi tengo, senza pienezza, senza felicità vacua, ma neppure eterna. E guardo con severità, e un po' d'invidia quelle uova sode, cotte, ricotte e stracotte.

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