Il sighnòmimeitalo

Il sighnòmimeitalo è la lingua più affascinante del mondo. E probabilmente dell'intero universo.
Ma è anche la più complessa. Principalmente per la sua perversa grammatica, la sintassi iperbolica, la ricchissima morfologia e la prosodia inconcepibile per chiunque non sia un sighnòmimeitalo.
L'unico tentativo di studio universalmente riconosciuto - peraltro l'unico noto - è condotto dai sighnòmimeitali stessi e la sua traduzione in inglese, ammesso che sia tecnicamente fattibile, è ancora in corso d'opera. Per di più, a causa della sua impareggiabile (ed impareggiata) complessità, e per via delle mutazioni cui qualsiasi lingua è sopposta nel tempo, il lavoro dei linguisti si protrae da secoli e per convenzione non terminerà che con l'estinzione dei sighnòmeitali: quando, cioè, la loro diverrebbe una lingua morta.
Per queste ragioni appare evidente l'impossibilità di ottenere una traduzione aggiornata e dunque di azzardare ipotesi su una lingua la cui storia, regolamentazione e contemporaneità risultano semplicemente inaccessibili a chiunque altro. Infatti, tentativi di grammatica descrittiva sincronica, cioè che si limitano a fotografare una lingua in un dato momento storico, sono virtualmente irragionevoli e quindi abbandonati da tempo.
Fatta dunque chiara l'impossibilità della sua comprensione, lungi da ogni velleità conoscitiva, ed evitando accuratamente di andare nel soverchio e nel diffuso, ci si limiterà a riportare alcuni elementi caratteristici e, parrebbe, statici di questa meravigliosa lingua.
La grammatica normativa sighnòmimeitala riconosce duecentotré elementi del discorso, divisei in articoli, prearticoli, postarticoli, nomi, pronomi, anomi, volontà, aggettivi, aggettivazioni, verbi e nolontà. Da notare che non esistono parti invariabili del discorso, perché sono sempre tutte variabili.
Senza entrare nel dettaglio, e a titolo puramente esemplificativo, si prenda la categoria dei verbi, la meno complicata e, forse, la più vicina al nostro modus operandi.
Al di là delle trecentoventun coniugazioni fisse (dati aggiornati al 1896. Cfr. tabella p. 5012), un verbo subisce delle modificazioni a seconda del momento in cui è detto, dello stato in cui si trovano e dell'esperienza dei parlanti, più altre condizioni che qui si ometteranno per chiarezza. Esiste così una sorta di imprevedibilità dovuta a declinazioni (i verbi vengono anche declinati), coniugazioni, suffissazioni e prefissazioni operati dal parlante al momento della fonazione che spesso sono uniche in tutta la sua vita. Si parla, in questi casi, di declicanazioni volitive.
E' molto importante ribadire questo concetto, magari con l'ausilio di un altro esempio.
All'interno della categoria dei nomi esiste, tra le tante, una sottocategoria dei nomi di cose piuttosto piatte, delicate e lavabili. Vi si trova anche la categoria delle cose lunghe e sottili, degli animali (ma a uccelli, ornitorinchi e oloturie ne vengono dedicate delle apposite) e delle persone (a loro volta divise in persone superiori, pari e inferiori al parlante). Per una scorta alle altre seicentouno categorie del nome sarà utile cosultare le tabelle riassuntive pp. 5996-6405.
Una scodella (piuttosto piatta, altrimenti rientrerebbe nella categoria delle cose tondeggianti e destinate a uso cucina!) è facilmente declinabile e coniugabile (in sighnòmimeitalo anche i nomi vengono coniugati in concordanza a tutte le altri parti del discorso). Ma cosa accade quando ci troviamo di fronte, esempio da manuale, ad un topo morto, spelacchiato e puzzolente? Rientra nella categoria degli oggetti inanimati? O più verosimilmente in quella della spazzatura? Il pelo rado e l'odore sgradevole, infatti, hanno un peso maggiore nella valutazione. Ma molto dipende dallo stato d'animo del parlante. E così, se il roditore fosse un criceto, l'affetto verso la creatura potrebbe spingere il parlante a collocarlo, e a ragione, nella categoria dei nomi di defunti, e a coniugarlo secondo lo schema volitivo dei verbi di tristezza.
Ciò non deve spaventare perché questa lingua sembra difficile. Lo è oggettivamente.
Forse è utile, a questo punto dello studio introduttivo sul sighnòmimeitalo, comprendere come costoro si riferiscono a se stessi. Sighnòmimeitalo in sighnòmimeitalo vuol dire "puoi dire veramente di comprendermi?".
Mai nome risultò più azzeccato, si potrebbe dire.

0 commenti...: