Il dovere dell'informazione

La verità è che il tempo a nostra disposizione è perennemente in difetto. Ecco perché è sempre più difficile, se non impossibile, appassionare qualcuno ad una nuova causa, per quanto sacrosanta.
E non voglio neppure disputare sulla presunta superiorità di certe passioni rispetto ad altre. Non è necessariamente il grandefratello o il rigorenonassegnato di turno: il diritto al cazzeggio dovrebbe essere sancito a norma di legge, per ciascuno di noi.
Visto però il delicato momento storico (che poi, ne è mai esistito uno che non lo fosse?), sto sforzandomi con tutto me stesso di essere informato, e di informare per quanto è possibile. Mi addentro nei cavilli, mi sforzo di seguire le contorsioni circensi degli imprenditori truffaldini, mi costringo a snocciolare nomi a me sconosciuti di puttanieri e amici di puttanieri, mi impongo di comprendere meglio come funziona la nostra Repubblica e di annusare i princìpi che gonfiano le pagine della costituzione. Vinco la noia, il lassismo, lo svilimento e mi trascino nei meandri del diritto a fatica: non afferro la burocrazia e non la afferrerò mai. Ma capire le cose è un passo necessario prima di poter fare.
E anche per quello, occorre impegno e determinazione. Il giramento di coglioni, posso constatare, aiuta parecchio.
Ma è tutta lì che si gioca la partita. Gli amministratori retti, in questo paese, sono come il Nasikabatrachus sahyadrensis o il Pipa myersi: rari, in via d'estinzione e brutti in culo secondo il canone estetico dominante.
Seriamente. Occorre fare quadrato e arginare il decadimento del paese.
Non è più semplicemente diritto all'informazione. E' proprio un dovere.

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