Tragedie sull'Oceano e altre cose

Nel mezzo dell'Oceano stava un isolotto perfettamente tondo e sodo, dalla cui sommità fiottava con gran fragore un fumo nero, ingobbito da raffiche eoliche magne.
Avvicinandosi meglio, in realtà, s'evince che quella non era affatto un'isola, quanto piuttosto il culo d'una balenaccia vorace e assassina la quale, invece di ingollare la solita zuppiglia di plancton, era stata ad un certo punto assalita da una tale voglia di cucina cinese che aveva fatto d'una nave da trasporto, per l'appunto cinese, un sol boccone, al massimo due.
Sfortuna aveva voluto, però, che il cargo, proveniente dalla Calabria Saudita, stesse trasportando tonnellate di Capsicum Frutescens della migliore qualità, cioè peperoncino rosso dinamitardo detto comunemente rosso artificiale. Artificiale come i fuochi, non perché finto. Ed il povero, ingombrante cetaceo pianse per giorni e giorni, povera bestia, e bevve e bevve, per placare l'ardore, tanto che alla fine fu pure un poco ubriaco.
Ciò che la bestia non poteva sapere, però, è che sulla nave da carico lavorava un mozzo, detto Mozzancollo perché in mezzo a tutto l'equipaggio era di certo il più pregiato. Aveva carni bianche e tenere, si ipotizzava vergini, e dopo sei mesi di navigazione questo poteva fare la differenza per una ciurma di uomini ruvidi e solitari.
In realtà, però, ciò che essi ignoravano era la natura di Mozzancollo, al tempo Brigida O'Flanagan, oriunda di Cork, che era natura di donna - affatto priva di bellezza, peraltro - e che di quel porcilaio avrebbe volentieri fatto a meno. Il fatto è che la fanciulla era la destinataria del patrimonio d'un certo zio mericano che aveva visto solo una volta, da bambina. Il di lei zio s'era tanto invaghito dei suoi modi gentili e della sua delicatezza, che la preferì - complice forse il rincoglionimento senile - ai figli sanguisughe. Purtroppo per lei, per effettuare il riconoscimento e mettere le mani sul gruzzolo doveva prima raggiungere la Merica. Soprattutto prima che i suoi cugini, eredi legittimi e di recente poveri in canna, impugnassero il testamento. Ma è difficile andare a riscuotere dei soldi senza avere i soldi per andare a riscuoterli. Così la poveretta si era improvvisata uomo e marinaro e s'era imbarcata, non avendo null'altro da perdere, a parte vita, verginità e dignità.
Però, a pensarci bene, era stata fortunata a morire in pasto ad una balena. I cugini dall'altra parte dell'Oceano, infatti, avevano predisposto un sicario e l'avevano istruito affinché l'aspettasse per un tempo indefinito al porto di Boston. L'assassino, Luigi Tolliver, nato americano da genitori di Policoro, attese per oltre trent'anni l'arrivo di questa fantomatica cugina usurpatrice senza mai porre, e porsi, domande. Dopo questo considerevole lasso di tempo, stabilì che dopotutto nessuna Brigida si sarebbe mai fatta viva, così decise di viaggiare, con la coscienza pulita e un discreto gruzzolo, fino alla terra natìa in Basilicata per conoscere i luoghi degl'ardori materni. L'uomo aveva sentito molte voci, alcune ignominiose, altre assai romantiche, circa la tormentata storia d'amore dei suoi genitori, ma mai aveva potuto discernerne la verità. Ecco perché tornava alle radici della propria famiglia.
Il problema è che non vi arrivò mai a causa d'un contrattempo. La nave su cui Luigi Tolliver viaggiava seguiva la stessa rotta - ma in senso opposto - della balena naofaga la quale, dopo trent'anni di digiuni forzati e peti al carbonchio, aveva maturato un discreto appetito e una dimenticanza del passato sufficiente a farle ripetere con noncuranza il gesto mangereccio.
Stavolta a causargli l'indigestione furono il coppale ed il catrame, usati in grandi quantità per rendere impermeabile il legno e per calafatare gli scafi.
Di nuovo, pianse e pianse e di nuovo giurò che non avrebbe più pasteggiato a barcame.
Che stavolta le si creda o no, il vero scempio, forse l'unico a ben vedere, è che la balena non comprese mai neppure lontanamente quanta parte, e quale gigantesco ruolo giocò in tutta questa tragica storia.

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