L'Uomo di Tufo

Somiglia sempre ad un amica, o al papà, o al professore. A volte ne prende solo la voce, più spesso le intere fattezze. Si riconosce perché resta ebete di fronte alle affermazioni, lo sguardo vacuo, i pensieri che lottano nelle tempeste della ragione, in attesa d'una bonaccia o d'una secca risposta cui aggrapparsi. L'Uomo di Tufo ha alcuni elementi caratteristici.
Adora impersonare qualcuno precisamente nel momento in cui a questo qualcuno è demandata un'attività fondamentale, risolutiva, necessaria. La richiesta d'informazioni contingenti, ad esempio:
Devo girare a destra o a sinistra?
Presto, come si chiama quel tale che m'ha appena salutato e che mi viene incontro?
Diciassette verticale: La via più lontana.
E così, l'attesa d'una replica che si aspettava rapida e furtiva langue. Si fa a tempo a renderci conto che l'uomo di tufo è già entrato in azione dall'espressione beata e assente dell'altro che, in genere, non ha capito la nostra domanda, non ha sentito la domanda, non si ricorda niente altro che non riguardi la semina e concimazione delle rape rosse. Poi non serve più. Si finisce per perdersi in città, si intorbidiscono le relazioni sociali e i cruciverba giacciono per sempre risolti a metà, come sfingi che serbano tutte le risposte del mondo ma non le dicono. Risposte:
Non era né a destra né a sinistra; bisognava procedere dritti.
Il tizio non ce l'aveva con noi, ma con la procace signorina dietro di noi.
La via Lattea.
L'uomo di tufo, inoltre, adora confondere le persone soprattutto quando a queste vengono formulate richieste semplicissime.
Moglie dopo vent'anni di matrimonio: domani festeggiamo? Marito impallidito e muto (anniversario? Compleanno? Pasqua?). Inutile resistere, l'Uomo di Tufo ha già lasciato la sua scia di danni, di litigi, di lavate di capo. Non ha forma propria, ecco perché necessita di prendere l'altrui: è il suo modo d'esistere.
Forse, però, è ancora più interessante studiare i suoi comportamenti nella letteratura. Si noti che l'Uomo di Tufo prende di mira solo i più illustri scrittori e le loro opere più fulgide; si inserisce generalmente alla fine del racconto per scombussolare i piani dell'autore. Così che pezzi altrimenti pregevolissimi di - quello di prima, là - diventano delle - boh - senza capo né capo. E quindi, se davvero è necessario (ma lo è davvero poi?) si porta, nostro malgrado, ahinoi, ergo, che cosa stavo dicendo? Ah si, che si rischia che non è possibile avere perché si però il finale, non mi ricordo più come finiva.

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