Il litigio col presentatore tv

"Si può sapere cos'ha? Via, tra pochissimo si va in scena. Mica vorrà mancare l'appuntamento di oggi, nevvero?"
Mi giro dall'altra parte e faccio per ignorarlo bellamente. Sento una tale livore per quell'uomo che lo vorrei morto, o a molestare qualche altra coscienza.
"Qualcuno qui ce l'ha con me..." canticchia divertito.
Gli scocco un'occhiata astiosa e risentita, poi mi volgo dall'altra parte, verso il palco. Oggi è diverso, mi pare ci siano delle luci provenire da laggiù.
"Via..." mi fa affabile e mellifluo con un sorriso sornione "cos'è, oggi non abbiamo voglia di lavorare?"
A quel punto sbotto, gli punto le pupille contro (che strano vedermi rispondere con le stesse pupille) e finalmente mi tolgo il rospo: "Ma quale lavorare? Lei è un fanfarone! Lei mi ha preso in giro per tutta la vita! Per anni ho creduto che il mondo delle pubblicazioni, dell'editoria che profuma di carta nuova fosse una irraggiungibile chimera e non per colpa mia! Per anni ho pensato che fosse virtualmente inaccessibile, che fosse un mondo inavvicinabile per le proprie intrinseche caratteristiche. E invece com'è la storia? Amici - persone le cui vite ho l'hobby di amare e tenere in gran conto - hanno già fatto tutto quello che lei mi prometteva! E mi creda. Mi creda, fa male sentire le confessioni di debolezza di chi c'è riuscito e scoprire con amarezza che sono le nostre stesse. Il finale sarà all'altezza? La storia regge? In realtà sono uno scribacchino. Questi sono i timori altrui, e sono anche i miei. Con l'unica differenza che chiunque altro ha vinto la gara, io invece no."
Mi viene un po' da piangere, così distolgo lo sguardo. Non voglio che mi veda pure colle lacrime, quel bastardo, millantatore d'un giuda.
Mi sorprende. Per la prima volta quella faccia col sorriso imbalsamato si spezza e lascia colare un po' di inaspettata costernazione. Ruota gli occhi, come per controllare che non ci sia nessuno nei paraggi e mi fa, la sua voce ridotta a un sibilo "mica sarà invidioso?"
"Idiota!" gli urlo irato "ma ha una vaga idea del significato che do alla parola amico? Evidentemente no. Io auguro ogni bene possibile a ognuno di loro. E sono assolutamente ed incondizionatamente felice per ogni loro traguardo." non è quello, in effetti... "Non è quello. E' che poi... quando torno a casa..."
Conclude lui per me "che poi, quando torna a casa la sera, lei soffre perché crede che un po' di quella vita le spettava di diritto e invece..."
Annuisco flebilmente e contro voglia. "E invece sono ventisette anni che mi promette ori e allori e cosa abbiamo ottenuto? Questo teatro vuoto ed infinito, in cui nessuno però mette mai piede. Bella consolazione."
Al presentatore tv brillano di nuovo gli occhi "oh" mi dice "ma questo non è affatto vero. Prego, mi segua", e indica il palcoscenico.
Che strano, oggi ha un'aria quasi familiare, raccolta, come fosse un po' di più, e sul serio, mio.
Ci sono piccole lanterne di carta che rischiarano l'atmosfera con bei colori pastello, e dei vasi in cui esitanti piantine offrono al mondo germogli simili a rubini. C'i sono un tavolo e una sedia di legnaccio non rifinito, in fondo, che risultano tuttavia gradevoli per via della verniciatura in bianco e azzurro. E dietro di essi una tenda, candida e leggera, ondeggia vezzosa solleticata da un vento di cui ignoro le cause.
"E guardi là" con un ampio gesto della mano mi presenta l'imponente, infinita schiera di poltrone che finalmente posso vedere compiutamente. Sono vacue in modo desolante, e tuttavia godono d'un certo fascino: la bellezza della potenza. Inoltre producono un contrasto curioso per cui, prima di tuffarsi nell'oscurità lontana, creano forme d'onda e geometrie che rimandano alle valve di alcune conchiglie. Sembra promettere bene, ma per me è sempre troppo poco.
"Guardi meglio" mi imbecca ancora cogli occhi sgranati, da pazzo. E noto per la prima volta che su una poltrona in prima fila giace una rivista abbandonata, forse svedese. E per terra delle cartacce di pubblicità, appunti scritti a penna. E qualcuno ha anche sgranocchiato qualcosa e lasciato briciole giallastre un poco più in là.
Accennai un sorriso insicuro e scorsi il presentatore tv scrutarmi con le braccia congiunte, gli occhi ancora spalancati, e quel caratteristico sorriso ebete nuovamente stampigliato addosso.
Ma non me ne curai.

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